É la classica molotov gettata in sagrestia. Stavolta il prete se l’è cavata, ma ci riproveranno perché le milizie Lgbt non ci molleranno finché non troveranno qualche tonaca compiacente. La nuova frontiera è il padrino gay alla Cresima. Si vede che la campagna di normalizzazione dell’omosessualità deve passare anche per i simboli cristiani più radicati. Tutto deve cambiare sotto il vessillo del gay power. Ma finché ci saranno preti che si opporranno c’è speranza. A Reggio Emilia, dove da un po’ di tempo le cronache di stranezze omo-eretiche pullulano, l’agguato è stato preparato nei minimi dettagli.
Nella parrocchia di Pieve Modolena sulla via Emilia, la ragazzina 13enne pronta per la Cresima comunica il nome della madrina che l’accompagnerà sull’altare a ricevere il sacro crisma. Il parroco viene a sapere che si tratta di una donna che convive con un’altra donna. Lesbica, dunque. Ma come? Il parroco precedente non aveva opposto nessun ostacolo, strepita lei con la madre che va a chiedere spiegazioni. E invece il nuovo parroco, don Daniele Casini, ha messo le cose in chiaro, tra l’altro facendo colloqui personali e approfonditi con ognuno dei candidati. Arcigay strepita con isteria: «Nella sua certezza di uomo che ha rinunciato alla propria sessualità e che impone la sua visione calpestando le vite altrui, lanciando di fatto un segnale chiaro alla ragazzina: se si scoprisse lesbica, non ci sarebbe un posto alla luce del sole per lei, ma solo nell’ombra del rinnegare sé stessa».
Ovviamente l’agguato è teso a intimidire il prete. Che farà? «Arcigay Gioconda è composta da persone cattoliche, musulmane, atee, spirituali e non. Quando accadono queste situazioni, proviamo tutt* (l’asterisco è loro ndr) rabbia e umiliazione. Rabbia perché ogni anno ci sono madrine e padrini LGBTI+ che il più delle volte sono costretti a nascondere sé stessi come se ci fosse qualcosa di male non per ciò che fanno, ma per chi sono.
Il fondamento dell’ipocrisia in cui navighiamo ogni giorno è proprio questo: impariamo presto che dobbiamo nasconderci per partecipare alla vita delle comunità. Il silenzio deve circondare le nostre vite e i nostri sentimenti, e sembrerebbe che in certi ambiti debba essere così per sempre».
Insomma, il solito piagnisteo gaio che non teme la ridicolaggine. Avete mai sentito parlare di un sindacato di aspiranti padrini esclusi perché gay? O di un’associazione di madrine anonime rifiutate dalla Chiesa retrograda che scendono in piazza con i piatti e le pentole rivendicando il diritto calpestato? Ancora no. Però l’importante è gettare fumo negli occhi e far credere che siamo di fronte a una violazione della dichiarazione dei diritti dell’uomo.
Il don Casini è nel mirino. Può cedere al politicamente e prepotentemente corretto oppure far valere le leggi della Chiesa. Sceglie la seconda: «I criteri di idoneità per accompagnare i ragazzi alla cresima non sono di don Casini, ma della Chiesa – ha spiegato al Resto del Carlino – . Li ho spiegati alla riunione del 25 agosto, e quasi tutti erano rimasti stupiti, perché molte delle persone che avevano già pensato non erano idonee». Così «dopo aver spiegato i criteri per l’idoneità di padrini e madrine mi hanno ringraziato per avere indicato anche delle soluzioni alternative. E così molti hanno indicato un nuovo padrino o una nuova madrina, senza problemi».
Il sacerdote ha rivelato che «così è stato anche per il colloquio con la madre della ragazza dodicenne, che per me doveva rimanere riservato, pur alla presenza della catechista, la quale mi aveva pregato di fare in modo che la ragazza potesse fare la cresima, tra l’altro una di quelle che si è maggiormente impegnata e interessata nella preparazione: nessun giudizio sull’amica di famiglia, inizialmente indicata come madrina e da me accolta perché non mi era stato detto che era convivente. Solo in un secondo momento, venuto a conoscenza della sua convivenza, ho fatto presente l’impossibilità a rivestire questo ruolo secondo le indicazioni della Chiesa, che non sono cambiate, mentre non è stata presentata nessuna difficoltà alla sua presenza in chiesa il giorno della cresima insieme alla compagna». Nulla da eccepire rispetto a quello che ha detto don Casini, salvo aggiungere che il punto è la convivenza more uxorio che crea ostacolo.
L’essere omosessuale e militante poi, lascia aperto un problema di fondo: che tipo di esempio può essere per un’adolescente, la vita di una donna che ostenta la sua omosessualità? Arcigay permettendo, non sta in piedi. A proposito: chi ha avvisato Arcigay della “gravissima discriminazione” subita dalla ragazzina rompendo così la riservatezza chiesta dal parroco? Forse la madrina non era poi così adatta…
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