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«Ma la clausura non contraddice la missione?». Affatto (per cià i giacobini distrussero i conventi)
NEWS 19 Dicembre 2014    

«Ma la clausura non contraddice la missione?». Affatto (per cià i giacobini distrussero i conventi)

La vita delle monache di clausura, pur ammirabile nella loro fedeltà, non contraddice l’invito di Gesù ad andare nel mondo ad annunciare il Vangelo? Gesù ci dice che una candela non va tenuta nascosta ma deve illuminare il mondo. A volte mi chiedo perché queste luci meravigliose siano nascoste nei monasteri, soprattutto oggi che il mondo avrebbe tanto bisogno di essere illuminato.

Lettera firmata

 

 

 

San Paolo ci parla del cristianesimo come di un corpo, di un organismo articolato e comunicante (1 Cor 12, 12-26). S.Teresa di Lisieux nel ricercare il senso della sua vita e del suo ruolo di monaca lo indaga in linea con questa visione: quale membro del corpo di Cristo posso essere, si chiedeva? Santa Teresa, citando espressamente quel testo di S.Paolo, che stava appunto meditando, concluse che voleva essere il cuore del corpo di Cristo, che è la Chiesa, l’amore che brucia per ogni essere umano, e attuò questo suo compito stando in un monastero, vivendo pochi anni, diventando patrona delle missioni.

S.Paolo dice due cose fondamentali. Se un corpo fosse un unico membro sarebbe un mostro e non un corpo, se nascesse un bimbo e fosse solo un orecchio, sarebbe un’aberrazione. E così se le molte membra fossero in contrasto tra loro distruggerebbero immediatamente il corpo impedendo la sua organicità, infatti se i pugni cominciassero a colpire gli occhi e il volto, e i denti mordessero le braccia, e i piedi si scalciassero tra loro, ecc. possiamo immaginare la degradante e suicida situazione (cf. Lc 11,17-18).

Avrei già risposto alla domanda perché si comprende chiaramente la conclusione. Nella Chiesa, perché funzioni bene, ogni membro, ogni persona o ordine o società o congregazione ha il suo compito e ruolo: c’è chi prega, chi predica, di studia, chi è in missione, chi nel settore charitas, chi comanda, chi obbedisce… Le monache fanno parte della funzione della preghiera, mantengono continuamente la relazione che il corpo deve avere col Capo, col Cristo, quel colloquio continuo che Gesù aveva col Padre suo. Le monache, così facendo, sono forse fuori dell’annuncio del Regno di Dio? Non direi. Un uomo che vuol ben fare un lavoro bisogna che non perda di vista il progetto da realizzare, ebbene le monache sono nella Chiesa questa continua attenzione al progetto di Dio. Poi spetterà ad altri tradurlo in parole, discorsi e concetti.

Gesù infatti ha di mira la salvezza di tutti gli uomini e gli operai che lavoreranno nel suo campo li sceglie e li seleziona lui stesso, e anche qui non tutti debbono far tutto, così i pastori sono categoria diversa rispetto al gregge, per esempio. A tali consacrati compete la predicazione del Regno di Dio in modo specifico: «vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19), in quanto destinati a ciò direttamente dal padrone della messe. I sacerdoti e i religiosi sono gli operai dell’annuncio, che dovrebbero illuminare le coscienze umane sia sul loro futuro sia sul senso del loro presente, sono persone selezionate per attuare il Regno dei cieli, gente votata alla predicazione della Salvezza e della Misericordia divina.

Tuttavia formano sempre lo stesso corpo di Cristo i fedeli, il popolo dei cristiani, che hanno il compito di vivere pienamente e intensamente la grazia e la salvezza offerta da Gesù. I cristiani sono le lampade accese, sono quella luce che posta sul candelabro fa luce nella casa, sono la città posta sul colle… Anche questo è un tipo di predicazione del Regno, sebbene impropria e indiretta perché fatta colla vita e coll’esempio, e si chiama «testimonianza». È vero, è diversa da quella del predicatore, tuttavia non è che valga meno di quella fatta a voce, anzi sicuramente è più autentica, perché colle parole si possono dire tante cose mai vissute né attuate, mentre è impossibile che una persona che si sacrifica per amore di fatto stia odiando.

Da queste differenti membra dell’unico corpo di Cristo si comprende il compito delle monache, e con esse si pensi a quante persone che con il loro silenzioso servizio di preghiera e di cura verso il prossimo hanno illuminato la vita degli altri, si pensi alle sante vedove, alle sante donne che né consacrate né religiose eppure servono Cristo sofferente e abbandonato, queste persone insomma sono in prima linea nell’espansione del Regno di Dio. La predicazione del Regno di Dio dunque non è solo una proclamazione vocale, anzi senza una testimonianza di vita concreta la voce non ha consistenza e si perde nell’aria delle piazze.

D’altra parte l’azione salvifica proviene sempre da Dio che per primo ci ha amati, perciò la salvezza che è il senso della vita, quella luce che invoca la lettrice, prima di tutto si acquista stando, vivendo, comunicando con Dio stesso, e nessun altro meglio della monaca può esprimere il connubio radicale che un’anima deve avere con la fonte della vita e dell’amore.

Perciò lasciamo che le monache facciano bene il loro lavoro e senz’altro nella chiesa una luce chiara e mattutina sarà sempre presente e illuminante.

Athos Turchi
docente di filosofia alla Facoltà Teologica dell'Italia centrale