Che noia che barba, che barba che noia. E dunque adesso abbiamo anche la body positivity, che va un po’ su tutto, come il nero, come il prezzemolo, si diceva una volta. Anzi va su tutto purché sia donna.
Ieri Vanity Fair titolava così: «Camila Cabello e la lezione di body positivity: “Non siamo in guerra contro il nostro corpo”» Nell’articolo si spiega che l’attrice che sarà Cenerentola nel nuovo musical di Sony (quello, per intenderci, con la fatina uomo, gay e di colore, in nome dell’inclusività ovviamente) non si sentiva a suo agio mentre andava a correre poiché il top che indossava «lasciava scoperta la pancia e non era piatta». A raccontavo il fatto è stata l’attrice stessa su TikTok che per invertire la rotta dei suoi pensieri ha detto «Sono grata per questo corpo che mi permette di fare ciò che devo fare. Siamo donne vere con curve e cellulite, smagliature e grasso. Siamo umane e va bene così». Ma per andare a correre ci vuole per forza crop top? Al posto del sermone virtuale, se non si sentiva a suo agio, non era più pratico mettersi una t shirt come i comuni mortali e sentirsi così a suo agio? E’ così discriminante pensare che certi capi di abbigliamento siano più adatti per alcune fisicità e situazioni? O è sessismo?
Comunque la cellulite è al centro di un altro articolo sempre della medesima testata. «Ci vuole coraggio, autostima e indipendenza di pensiero a fare come la truccatrice e youtuber Clio Zammatteo, la quale ha rallegrato la nostra domenica scegliendo di postare sulla sua pagina social una foto che la vede a figura intera, con lieve pelle a buccia d’arancia, che ha scelto di non levigare/cancellare con filtri e luci ad hoc. Se non è body positive questo!». In sostanza il messaggio che passa, per combattere lo stereotipo della modella bellona, magra e perfetta è che… bisogna avere coraggio e autostima per non photoshoppare la cellulite sulle cosce, che dire? Solo a noi pare che evidenziare la pelle a buccia d’arancia su una fotografia di una donna – e farci un articolo facendola notare a tutti – sia tutto tranne che positive?
Hashtag body positivity in primo piano anche sull’account Instagram della Stampa, dove si legge: «Sul tappeto rosso di Cannes sfila la rivoluzione. E mai era stata così furba e tanto travolgente prima. Jodie Foster e soprattutto Andie MacDowell: grigie, naturali, belle e prepotentemente vere». Grigio è bello, la tinta di un altro colore evidentemente meno. Non è abbastanza positive. A meno che non si tratti di tingere… i baffetti.
Scrive infatti il Tgcom «Ceretta addio. I baffetti sul viso? Meglio tenerli e metterli in evidenza con tanto di mascara. Parola di Joanna Kenny, influencer inglese che ha condiviso sui social le immagini del suo viso con i peletti sul labbro superiore in bella vista. Obiettivo: sensibilizzare sulla capacità di accettare il proprio corpo, normalizzando difetti e imperfezioni e sfidando ogni sorta di pregiudizio».
Che dire? Viviamo in un mondo che oscilla tra l’ossessione maniacale per il corpo perfetto che tanti danni continua a fare a … “sciatto è bello”, volutamente sciatto ancor di più. La chiamano Body Positivity, noi sembra l’ennesimo delirio del politicamente corretto. Noi restiamo dei cultori del buon senso, che va a braccetto col buon gusto.
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