Dovremmo essere fatti anche noi e le nostre costruzioni umane della stessa materia di ciò che ha resistito alle fiamme dell’enorme incendio di Los Angeles. Così, anziché meravigliarci delle rare eccezioni di ciò che è scampato al fuoco, potremmo ricominciare a vivere al più presto o forse non conoscere nemmeno queste interruzioni tanto tragiche. L’attuale bilancio dolorosamente in perdita degli incendi iniziati il 7 gennaio scorso nella città californiana, conta 24 morti e 26 dispersi e una stima economica dei danni che ammonta a 250 miliardi di dollari, per quello che si guadagna il podio come disastro naturale più costoso nella storia degli Stati Uniti. Anche le chiese presenti sul vasto territorio della città californiana sono state colpite e in larga parte distrutte dalle fiamme dei 5 roghi che hanno stretto la popolazione in una morsa infernale.
Così è avvenuto alla chiesa cattolica dedicata al Corpus Christi, come leggiamo su Los Angeles Magazine: «Il mostruoso incendio che ha divorato ampie fasce di Pacific Palisades non ha risparmiato la chiesa cattolica di Corpus Christi, un luogo di rifugio e preghiera per molti pompieri che si recano alla stazione 69 sul vicino Sunset Boulevard. L’incendio è divampato così forte che i cancelli d’acciaio che accoglievano i fedeli si sono spalancati per il calore fondente. Le finestre sono esplose in schegge taglienti e fumose. Un lampadario sopra l’altare è diventato nero. File di banchi si sono trasformati in cenere».
Qualcosa, e Qualcuno – secondo quanto ci impegna a credere la nostra fede – sono scampati al disastro che ha travolto tutto. Lo racconta uno dei vigili del fuoco che conosceva questo edificio sacro perché spesso vi entrava per partecipare alla Santa Messa, il capitano LAFD Frank Lima. Che non esita a considerare i fatti miracolosi: «(che siano rimaste intatte, ndr) le 14 delicate vetrate colorate che rappresentano le stazioni della Via Crucis. “Va contro la logica”, ha detto Lima mentre si trovava tra le macerie del luogo di culto decimato, che ospitava anche una scuola cattolica, e fissava l’arte intatta che raffigurava l’ultimo giorno di Cristo sulla terra, la sua sofferenza, morte e resurrezione». Oltre alle vetrate, qualche giorno prima, un altro vigile del fuoco aveva recuperato intatto il robusto Tabernacolo di ottone (il cui punto di fusione è comunque più basso dell’acciaio, distrutto dallo stesso rogo) e le ostie consacrate conservate al suo interno, rimaste integre.
Di certo sono fatti che è lecito considerare con prudente stupore, ma anche sovrabbondante gratitudine per il significato che veicolano. Il Signore è realmente presente e vicino, anche e soprattutto nelle prove più difficili che ci troviamo ad affrontare. La nostra natura è bella e fragile, ma si è meritata il Suo amore. E a compimento di quell’amore con il quale intendeva salvarci Cristo stesso si è lasciato distruggere, per poter essere presente in modo misterioso, e questa volta definitivamente indistruttibile, nella nostra storia, fino a che anche quella non si compia.
Allora, forse, in qualche modo possiamo dire di essere già fatti della stessa materia di ciò che, miracolosamente o meno, è sopravvissuto agli incendi: è questo che è venuto a realizzare Cristo attraverso la Chiesa e la nostra fede: assimilarci a Lui, renderci indistruttibili. Nonostante anzi grazie al passaggio doloroso della croce e della morte, siamo fatti per la vita eterna, che consiste nel “conoscere te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv, 17,3), e questa conoscenza è possibile fin da ora, fin da qui. (Foto: Screenshot Los Angeles, Instagram – Pexels.com)
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl