Giusto per dire la scarsa attenzione riservatagli, a dispetto dei suoi indubbi meriti di studioso e di uomo della Chiesa, in questo momento Wikipedia – solitamente tempestiva su tali aggiornamenti – dice che Michel Schooyans «è un filosofo, teologo e presbitero belga dell’arcidiocesi di Malines-Bruxelles». Più correttamente, si sarebbe dovuto dire «è stato un filosofo, teologo e presbitero». Sì, perché Schooyans, classe 1930, è tornato alla casa del Padre una settimana fa. Se n’è infatti andato martedì scorso.
Che in una settimana Wikipedia, in buona compagnia, abbia ignorato tale morte non pare casuale. Anzi, probabilmente Schooyans per primo, per come la pensava su certi poteri, se ne sarebbe forse rallegrato. Molto stimato da san Giovanni Paolo II, fu infatti uno studioso che diede un contributo enorme e, al tempo stesso, scomodissimo su un ambito, ove arrivò prima di tutti: quello di denuncia del clima ideologico e di ostilità antropologica che si respira in seno alle agenzie internazionali, Onu in primis.
A tal proposito, per gentile concessione delle Edizioni Studio Domenicano, pubblichiamo di seguito ampi stralci di Conversazioni sugli idoli della modernità, testo molto interessante perché raccoglie molte e stimolanti riflessioni dell’accademico e pensatore scomparso. Almeno sulla carta. Perché è evidente che padre Schooyans, con le sue parole forti rispetto a quella che era l’iniziale missione dell’Onu – che «riconosceva e rispettava i diritti dell’uomo» -, resta più vivo che mai, come un riferimento imprescindibile.
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«L’ONU per molto tempo si è ispirato a una visione antropocentrica: originariamente, esso riconosceva e rispettava i diritti dell’uomo. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 aveva l’obiettivo di stabilire delle nuove relazioni internazionali sulla base di una fondamentale verità: tutti gli uomini sono uguali in dignità. Nel giro di alcuni decenni, l’ONU ha esercitato, con vera autorità, un ruolo di tutto rispetto all’interno delle relazioni tra le nazioni riguardo al mantenimento della pace e alla promozione dello sviluppo, guadagnandosi così degli indiscutibili meriti in questi campi
Oggi non è più così, assolutamente. L’ONU ha subito un processo di trasformazione di cui noi siamo i testimoni: i diritti dell’uomo non sono ormai più riconosciuti come una verità, ma sono visti come il risultato di un consensus. Contraccezione di ogni tipo, aborto, unioni omosessuali, eutanasia, per esempio, si trasformano nei cosiddetti “nuovi diritti dell’uomo”. I diritti dell’uomo si identificano con i diritti commerciali: così negoziamo valori come se fossero oggetti materiali. Ciò che conta oggigiorno è il potere commerciale: nelle assemblee ONU si commerciano i diritti dell’uomo.
Tutto accade come se i paesi che si autodefiniscono sviluppati volessero dire a quelli in via di sviluppo: «Fate come noi, e voi altri, che ora siete “sotto-sviluppati”, ecco che giungerete là dove noi stessi siamo arrivati». Ma questo genere di raccomandazione ha prodotto un effetto boomerang. L’Europa, per esempio, quando si tratta di rifiutare la vita vince il primo premio; è un continente di persone anziane. Il Vecchio Continente è un continente di vecchi. La Russia ogni anno perde circa 800.000 abitanti; un fenomeno analogo si osserva in Germania e altrove. Ora, la strada verso lo sviluppo e la felicità non passa attraverso il controllo delle nascite, contrariamente a quanto si vuol far credere. Nei paesi poveri, la vita è ancora rispettata, fortunatamente, malgrado il bombardamento mediatico, nonostante certi programmi governativi inaccettabili e il sarcasmo di cui sono vittime le famiglie che accolgono generosamente la vita.
Secondo me, se il grande pubblico potesse accedere a canali d’informazione onesti e critici, l’ONU sarebbe ancora più screditato di quanto non lo sia già. Più precisamente: il discredito nei confronti delle varie agenzie si ritorce sull’insieme dell’organizzazione. È urgente demistificare i luoghi comuni che ci vengono presentati come “verità”, ma che sono in realtà dei sottoprodotti di ideologie neo-colonialiste ed eugenetiche. Queste ultime, per esempio, derivano oggi da inammissibili programmi di sterilizzazione di massa sulle popolazioni povere.
Ciò che preoccupa è il fatto che, su pressione dell’ONU, si stia comunemente adottando una scala di valori che non rispetta la persona umana in modo incondizionato. Ciò che predomina è una situazione di confusione tra valore dell’uomo e valore del mercato, ovvero utilità […] Il povero, in particolare, è considerato come un essere inutile, e perfino nocivo, dal momento che è causa di un mal funzionamento del mercato» (pp.54-56).
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