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Lo sguardo di Aquila su Humanae vitae
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7 Febbraio 2018

Lo sguardo di Aquila su Humanae vitae

Era l’estate del Sessantotto: il clima socio-culturale era in grande fermento, le piazze erano calde e i ragazzi guardavano euforici alla “liberazione sessuale”. Anche la stessa Chiesa era agitata dalle istanze post-Conciliari, con la contrapposizione tra una visione in continuità con il Magistero di sempre e un’ermeneutica invece di discontinuità, di rottura con il depositum Fidei.

In questo clima, con un’azione che sorprese tutti e che andava contro la stessa commissione istituita per approfondire i temi legati alla sessualità e alla contraccezione, Paolo VI promulgò l’Humanae Vitae, con il preciso scopo di ribadire – seppure tramite un atto magisteriale ordinario – la posizione di sempre della Chiesa in materia. Nessuna apertura, nessun cambiamento, nessun “progresso”: per papa Montini – come riporta l’Appello finale della stessa enciclica – «l’uomo non può trovare la vera felicità, alla quale aspira con tutto il suo essere, se non nel rispetto delle leggi iscritte da Dio nella sua natura e che egli deve osservare con intelligenza e amore». E le leggi di Dio non cambiano al cambiare del periodo storico di riferimento.

Eppure, nonostante lo sguardo di grande amore verso gli uomini e la famiglia che sottende l’Humanae Vitae, è forse stata l’enciclica più dibattuta dei tempi moderni, e non solo da persone esterne alla Chiesa. Discussioni che, allo scoccare dei cinquant’anni dalla promulgazione, non solo non accennano a placarsi ma che anzi, complice un lassismo generalizzato anche tra le fila cattoliche, diventano sempre più insidiose: il recente intervento di Maurizio Chiodi, membro della Pontificia Accademia della Vita, sul tema della contraccezione è solo l’ultimo (triste) esempio.

In questa lotta a suon di cavilli e d’interpretazioni, si distingue l’intervento dell’Arcivescovo di Denver Samuel J. Aquila, che lo scorso 2 febbraio ha dato alle stampe la lettera pastorale The Splendor of Love, lo “Splendore dell’Amore”, suddivisa in tre parti molto dense. La prima parte titola “Luci e Ombre degli Ultimi 50 anni” e guarda al concetto di amore e al tema della castità, ma anche il progressivo diffondersi della contraccezione e della pornografia. Il capitolo centrale interessa invece “La divinità della Sessualità: la dignità della persona”, sul tema delle quattro qualità essenziali dell’amore tra gli sposi, che deve essere umano, totale, fedele e fruttuoso. Infine, “La proclamazione dello splendore dell’amore”, ossia un appello all’evangelizzazione rivolto ai coniugi, ai genitori con responsabilità educative; a sacerdoti e diaconi; a dottori e infermieri che non «devono avere paura di abbracciare la loro fede nel contesto della loro vita professionale», difendendo la vita dal concepimento alla morte naturale; e ai politici e ai giuristi che devono guardare al bene comune, sostenendo la famiglia quale nucleo fondamentale della società.

Una lettera pastorale, questa di Aquila, che dimostra come vi siano ancora pastori fedeli agli insegnamenti di sempre contenuti nell’Humanae Vitae, che rimane – come affermato dal compianto cardinale Carlo Caffarra nel docu-film Inattesa prodotto da Vita è – «una luce che Paolo VI ha acceso. Per sempre».

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