I numeri a volte, anzi molto spesso, dicono tutto. Altre volte però no. È questo il caso delle elezioni regionali liguri, vinte dal centrodestra con il candidato Marco Bucci, che si è imposto sul centrosinistra guidato da Andrea Orlando. Sì, perché se da un lato non si può negare che sia corretto definire quella ligure una «vittoria al fotofinish», dall’altro il risicato vantaggio della coalizione vincente è simbolicamente molto, molto di più di ciò che appare. Siamo infatti davanti a quella che, con ogni probabilità, è la prima volta in cui una Amministrazione regionale decapitata da un intervento della magistratura – ogni riferimento all’arresto di Giovanni Toti, avvenuto il 7 maggio scorso, non è da ritenersi casuale -, viene di fatto riconfermata, solo pochi mesi dopo, dagli elettori; il che è già clamoroso di suo, ma non è tutto.
Si deve infatti considerare che a questa elezione il centrosinistra aveva creduto tantissimo, dato che aveva schierato Orlando, indubbiamente un suo pezzo da novanta. Una scelta, quella del campo progressista, non del tutto ingiustificata se si pensa che, dopo l’arresto di Toti, i sondaggi diedero il centrosinistra in vantaggio di dieci punti. Doveva insomma essere per i compagni una sorta di rigore a porta vuota. Invece è stato l’esatto opposto, ossia una sconfitta simbolicamente pesantissima, se si pensa che è avvenuta per giunta in una regione che comunque, storicamente, ha una solida tradizione di centrosinistra. Non era cioè la Lombardia o il Veneto, per capirci. Dunque il centrodestra incassa una vittoria di peso (molto di più di quello che appare dai numeri, ricollegandoci all’inizio) che fa ben sperare anche per il futuro (leggi: elezioni in Umbria, dove la partita dovrebbe essere per la compagine di governo ancora meno complessa). Poi, certo, c’è il dato del forte astensionismo: solo il 46 % dei liguri ha votato.
Ma non si può nascondere dietro il fatto che la Liguria è stata in questi giorni flagellata dal maltempo né che l’astensionismo è in aumento pressoché ovunque, lungo la nostra penisola ma non solo. In questo senso, sia detto con rispetto, il pur grave astensionismo non si può considerare il primo dato politico di questa elezione. Che resta invece una sorprendente vittoria del centrodestra – che sulla carta, fino a poco tempo fa, appariva a dir poco fantascienza – a scapito di un cosiddetto campo largo dove, è vero, il Pd è cresciuto imponendosi come il primo partito in assoluto: ma cannibalizzando, di fatto, il Movimento 5 Stelle. Il tutto a beneficio di un certo Matteo Renzi che non a caso gongola. Se infatti il leader di Italia Viva fosse stato nel campo largo, ecco, molto probabilmente oggi non staremmo a commentare la vittoria di Marco Bucci.
Però è anche vero che un campo largo che vada da Elly Schlein a Matteo Renzi, passando per Giuseppe Conte e gli elettori che esprimono preferenze per Ilaria Salis – e magari, why not, pure qualche simpatizzante di Carlo Calenda – potrebbe forse, forse, spuntarla alle urne, ma andrebbe molto presto a schiantarsi come le maggioranze di prodiana memoria. Per ora quindi meglio fermarsi, politicamente, sulle coste della Liguria a guardare una vittoria politica piccola ma enorme al tempo stesso, e uno schianto altrettanto enorme di una coalizione che, numeri alla mano, ha perso di pochissimo. Ma che neppure con un assist della magistratura – di quelli che non se ne vedevano da anni, va detto – è riuscita a spuntarla. Forse è questo che in casa dem pesa di più: occasioni del genere capitano rarissimamente. E sprecarle non comunque non coglierle fa davvero male. Buon lavoro a Marco Bucci. (Fonte foto: Ansa)
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