Per gentile concessione dell’editore pubblichiamo un estratto del libro di Aude Dugast “Jerome Lejeune. La libertà dello scienziato” (Ed. Cantagalli, pag. 480, € 27,00). Si tratta della traduzione in italiano della straordinaria biografia dello scienziato francese, medico che scoprì la sindrome di down, che fu primo presidente della Pontificia accademia per la vita per volontà di san Giovanni Paolo II. Per Jerome Lejeune (1926-1994) la Chiesa Cattolica ha aperto la causa di beatificazione.
Per trasmettere il messaggio della Pontificia accademia delle scienze ai capi di Stato che dispongono della bomba atomica, il presidente Reagan, il segretario generale Brežnev, il presidente Mitterrand, la signora Thatcher, la signora Indira Gandhi, il signor Deng Xiaoping e il segretario generale delle Nazioni Unite, Giovanni Paolo II sceglie i suoi ambasciatori tra gli accademici.
Per parlare con il capo del Cremlino, designa tre accademici: Lejeune, Marini Bettolo e Duve. […]
Jérôme Lejeune invia la sua risposta positiva. Il 14 dicembre [1981, ndr], con il passaporto diplomatico del Vaticano in tasca, vola a Mosca. Tutto è stato organizzato dai servizi vaticani: i contatti con il Cremlino e gli aspetti pratici. […] Avrebbe condotto una missione decisamente difficile… È inviato dal Papa presso Brežnev, segretario generale del partito comunista dell’Unione Sovietica, in un momento in cui il sostegno morale e spirituale del Santo Padre aveva incoraggiato la rivoluzione pacifica degli operai di Solidarnos´c´ contro il regime comunista polacco… Riflettendo sulle delicate circostanze del suo viaggio, Jérôme osserva anche con piacere: «Abbiamo un papa che sa lottare contro l’oppressione con le potenti armi della preghiera, della giustizia e della verità. Ci insegna la rivoluzione culturale e spirituale dell’amore». […]
Un’auto passa a prendere Jérôme e Marini Bettolo per condurli all’appuntamento con Brežnev. Il primo segretario del partito li accoglie molto gentilmente, nonostante vi sia un rigido protocollo. I flash dei giornalisti lampeggiano senza sosta. Brežnev legge un testo di quindici minuti sulla politica dell’URSS e Jérôme annota le parole che sono state scelte per introdurre quel lungo discorso. Brežnev vi sottolinea il carattere insolito del loro incontro e afferma che è la prima volta che riceve degli inviati del capo della Chiesa cattolica. Aggiunge: «Non si può escludere che ciò sia legato ai tempi difficili e pericolosi che l’umanità sta attraversando».
L’atmosfera si riscalda. Poi, dopo aver condotto gli inviati del papa in una stanza privata, Brežnev dà loro la parola e Jérôme finalmente affronta il motivo del loro incontro:
«Signor Presidente, se siamo venuti a trovarla su richiesta del Santo Padre, è perché noi scienziati siamo giunti alla conclusione che non esiste alcuna soluzione tecnologica, militare o medica per prevenire i disastri di una guerra atomica. Noi scienziati sappiamo che per la prima volta l’umanità si trova di fronte al fatto che la sua sopravvivenza dipende dall’accettazione, da parte di tutte le nazioni del mondo, di precetti morali che trascendono tutti i sistemi e tutte le speculazioni».
Quando l’interprete sente queste parole «precetti morali», si rivolge a Jérôme e gli chiede: «Vuole veramente usare le parole “precetti morali”?». Jérôme risponde di sì e l’interprete traduce fedelmente. Quando Jérôme smette di parlare, Brežnev rimane in silenzio per un attimo e poi risponde: «Da» (Sì). Al termine dell’intervista, durata un’ora, Brežnev esprime grandissimo rispetto per questa iniziativa del Vaticano e riconosce «un grave ostacolo morale e politico sulla via dello scoppio di una guerra mondiale».
Poi Brežnev, che non sembra avere fretta di congedare i suoi ospiti, continua la conversazione con un tono meno ufficiale. Confida loro che è il suo compleanno e dice a Jérôme: «Grazie a Dio e al mio medico, sono in buona salute».
Sentendo Brežnev ringraziare Dio, l’interprete rimane senza parole. E anche Jérôme. […]
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