Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge n. 76 del 20 maggio 2016 Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze. I commi 2 e 3 dell’articolo unico della legge stabiliscono che “due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un’unione civile mediante dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni”, e che “l’ufficiale di stato civile provvede alla registrazione degli atti di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello stato civile”. Il comma 28 delega il Governo “ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di unione civile tra persone dello stesso sesso”; fra i principi ai quali la delega dovrà conformarsi vi sono – fra gli altri – l’“adeguamento (…) delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni” e la previsione della “applicazione della disciplina dell’unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo”.
Dunque, la legge pone a carico dei Comuni – e quindi in qualche misura dei Sindaci -, precisi obblighi sia quanto al rito di avvio dell’unione civile sia quanto alla trascrizione nei registri dello stato civile dei matrimoni same sex contratti all’estero. Il problema che si pone è il seguente: il Sindaco convinto – sulla base delle nuove disposizioni – che il regime dell’unione civile prevista dalla legge 76/2016 corrisponda a quello dell’unione fra un uomo e una donna fondato sul matrimonio può astenersi dal celebrare il rito di avvio dell’unione medesima? Come potrà regolarsi per la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio same sex contratto all’estero? Più nel dettaglio: è proprio indispensabile che la prima figura di riferimento per l’attuazione della legge quanto a tali adempimenti sia il Sindaco? sulla base del formale richiamo da parte dal comma 1 della legge a fondamenti costituzionali per l’unione civile (art. 2 e 3 Cost.) differenti rispetto al matrimonio (art. 29), il Sindaco può individuare due luoghi fisici differenti all’interno del Comune per la celebrazione dell’una e dell’altro, e due diversi soggetti delegati ai ciascuno dei due riti? può emanare una propria determina nella quale disciplini ciò in concreto? Sono quesiti che chiamano in causa l’ipotizzabilità dell’obiezione di coscienza per il Sindaco, l’obbligo a carico del Sindaco di compiere un atto vietato dalla sua coscienza, la stessa permanenza in carica del Sindaco, in assenza nella legge n. 76 di qualsiasi disposizione che riconosca il diritto alla obiezione medesima. Tale assenza è fonte di non poche preoccupazioni, anche alla luce del “caso Ladele”: Lillian Ladele lavorava al London Borough of Islington, addetta alla iscrizione di nascite, morti e matrimoni; dopo l’approvazione del Civil Partnership Act nel 2004 (quindi non una legge sul matrimonio same sex, bensì sulle unioni civili, simile a quella italiana), fu disposto che l’articolazione dell’ufficio nel quale era inserita Ladele provvedesse anche alla registrazione delle unioni civili. La funzionaria sollevò obiezione di coscienza, sostenendo che in base alle sue convinzioni religiose non era tenuta a officiare la cerimonia di costituzione dell’unione; per questo fu licenziata. In primo grado, l’Employment Tribunal ravvisò la discriminazione; l’Employment Appeals Tribunal ribaltò la prima pronuncia, dando torto alla funzionaria. Ladele ha poi proposto ricorso alla Corte EDU, lamentando la discriminazione su base religiosa: il ricorso è stato respinto con decisione definitiva del 27 maggio 2013. La Corte ha escluso lesione di diritti e quindi ha confermato il licenziamento, per l’esplicita ragione che nell’UK manca una norma specifica che autorizzi l’obiezione di coscienza.
La questione merita precisazioni e distinzioni, al fine di cogliere l’essenza dell’obiezione di coscienza, senza annacquarla in qualcosa di indefinito.
L’obiezione di coscienza riguarda il tema del rapporto tra lo Stato e il singolo individuo. Solo comprendendo ed esaltando questa caratteristica, la linea dei Sindaci può avere qualche successo. In uno Stato democratico, la questione “politica” si esaurisce con l’approvazione della legge da parte del Parlamento e la firma del Presidente della Repubblica; dopo questi due passaggi, l’azione politica non può che rivolgersi all’abrogazione della legge con un referendum o da parte di una nuova maggioranza parlamentare ovvero – se ve ne sono le possibilità nei termini prima indicati – con questioni di legittimità costituzionale.
Il Centro Studi Rosario Livatino ha preparato un documento esaustivo di orientamento e spiegazione.