La vittoria di Davide contro Golia è una storia che si ripete. Già, perché, dopo anni di contenziosi – sette, per l’esattezza -, la congregazione delle Piccole Sorelle dei poveri, un ordine internazionale di suore cattoliche che si occupano di anziani bisognosi, l’ha spuntata in modo definitivo là dove davvero conta vincere, nei tribunali statunitensi: alla Corte Suprema.
La vicenda, ormai nota, era sorta in seguito alla riforma sanitaria voluta da Barack Obama, con l’HHS mandate che in buona sostanza costringeva anche queste suore, al pari di tutti gli altri datori di lavoro americani, a fornire ai propri dipendenti copertura assicurativa per contraccettivi e aborti. Tutte «prestazioni sanitarie», per così dire, in netto conflitto con i principi morali della Chiesa cattolica.
Di qui la ribellione delle Piccole Sorelle dei poveri le quali, in opposizione a tale imposizione – incuranti del fatto che ciò avrebbe potuto comportare multe milionarie – hanno promosso una class action contro la riforma sanitaria obamiana allo scopo di rivendicare il loro dissenso come legittimo e, in ultima istanza, il diritto alla libertà religiosa. Ebbene, nella giornata di ieri è arrivata la notizia che chiude definitivamente la vicenda; diciamo definitivamente perché il caso delle Piccole Sorelle erano già finito due volte all’attenzione della Corte Suprema, con le religiose in entrambi in casi uscite vittoriose. Ma la vittoria più rilevante è senza dubbio quella di ieri.
Sì, perché non solo la schiacciante maggioranza dei giudici (7 contro 2) si è schierata dalla parte delle suore; sono state anche scritte parole definitive sulla loro vicenda, ritornata in ballo dopo che gli Stati della Pennsylvania e della California avevano promosso una causa asserendo l’illegittimità dell’esenzione creata dall’Amministrazione Trump per le organizzazioni religiose, appunto, intenzionate a non pagare ai propri dipendenti copertura assicurativa per contraccettivi e aborti.
«Per oltre 150 anni, le Piccole Sorelle si sono prodigate nel servizio e nell’assistenza ai fedeli, spinte da una chiamata religiosa per il bene di ogni fratello», ha scritto nell’opinione di maggioranza il giudice Clarence Thomas, il quale ha aggiunto: «Negli ultimi sette anni, come molti altri obiettori religiosi che hanno preso parte al contenzioso e alle decisioni che hanno portato alla decisione odierna, hanno però dovuto lottare per la capacità di continuare nel loro nobile lavoro senza violare le loro convinzioni religiose sinceramente sostenute».
Fatta questa considerazione, che suona come un lampante apprezzamento per il coraggio sul piano giudiziario, e non solo, delle Piccole Sorelle dei poveri, la Corte Suprema ha stabilito che chi ha riconosciuto a queste religiose l’obiezione di coscienza disponeva «dell’autorità per decretare tale esenzione», che è stata emanata sulla base di regole «prive di difetti procedurali». Una vittoria anche per l’Amministrazione Trump, insomma, ma soprattutto un felicissimo epilogo processuale per queste religiose che sin dall’inizio, pur trovandosi come Davide davanti a Golia, non ci hanno pensato due volte, dando battaglia in tribunale pur di non aver nulla a che fare con regole ritenute moralmente inaccettabili.
Così, le Piccole Sorelle non hanno dato solamente una grande lezione di libertà agli Stati Uniti – nazione che ne era la patria, prima che l’accoppiata liberticida composta da cultura liberal e politicamente corretto non prendesse il sopravvento -, ma hanno offerto anche un notevole esempio di coraggio a tutto il mondo cattolico. Un esempio che contiene un messaggio non nuovo ma sempre attuale: se combatti puoi perdere, ma se non combatti hai già perso. Ebbene, le suore hanno combattuto e, grazie a Dio, hanno vinto.
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