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Le differenze tra i Vangeli? Una prova della loro autenticità
NEWS 27 Maggio 2024    di Paola Belletti

Le differenze tra i Vangeli? Una prova della loro autenticità

I quattro vangeli canonici sono quelli che la Chiesa, fin dalle sue origini, ha fissato come autentici, cioè certi nella trasmissione della tradizione apostolica e ispirati da Dio: Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Sant’Ireneo, vescovo di Lione e grande teologo che irrobustì le mura di difesa della retta dottrina dagli attacchi delle eresie, fu il primo a indicarli con chiarezza e la Chiesa nei secoli ha sempre confermato questo insegnamento fino a fissarlo come dogma, definendo il canone delle Sacre Scritture durante il Concilio di Trento. A noi moderni, però, è come se non bastasse. Tutto va dimostrato e passato a fil di scienza. Poco male, la ragione e le sue applicazioni in ogni campo sono potenti alleati della fede e anzi aumentano il gusto della conoscenza delle cose di Dio, scoperte nei loro solidi intrecci con le vicende storiche. Nessuna paura, dunque, a mettere le mani in pasta – e nella terra- per verificare fino nelle minuzie l’autenticità storica dei documenti che per i credenti in Cristo sono nutrimento insostituibile.

Così si esprime Olivier Thomas-Venard, in un’intervista rilasciata a Le Figaro, ripresa da Religion en Libertad, ricercatore della Scuola biblica e Archeologica Francese di Gerusalemme. Nessuna reale contraddizione o rischio di collisione tra la scienza e la fede, tra essere scienziato e teologo:  «[…] per un discepolo di san Tommaso d’Aquino – noi siamo domenicani – la fede non è contraria alla ragione! Tutti gli uomini condividono la stessa luce intelligibile, in gradi diversi, dalla semplice ragione all’incandescenza della fede. A nostro avviso non può esserci vera contraddizione tra loro. Dio stesso, venerato come Intelligenza assoluta, dona agli uomini ragione e fede da condividere. Ogni contraddizione è un effetto ottico: o sbagliamo nella fede, oppure sbagliamo nella ragione».

Ad aprire questo ricco filone di ricerca, spalancando così orizzonti di conoscenza più ampi, fu per primo padre Lagrange che ebbe il genio, e la grazia – commenta sempre Thomas-Venard – «di appoggiarsi fermamente a questa convinzione tomista per dire che se sorsero apparenti contraddizioni tra le scienze storiche applicate alla Bibbia e la tradizione magisteriale, era necessario lavorare in entrambe le direzioni e livelli: quello della storia e dell’esegesi biblica da un lato, e quello della teologia dall’altro, per ristabilire una forma di continuità.» Ne abbiamo parlato anche nel Timone di aprile con un contributo di Marco Fasol che mostra come  i Vangeli siano i testi più documentati della storia antica. Nel numero di giugno lo stesso autore – lo possiamo anticipare – offrirà un altro documentato contributo nel quale metterà a fuoco il sottofondo aramaico dei Vangeli, altra preziosa testimonianza della loro autenticità.

Nell’intervista, dopo aver accennato agli sviluppi degli studi biblici nella loro dimensione storica e nella progressiva comprensione da parte delle comunità dei credenti, viene chiesto a padre Thomas-Venard quali siano stati i criteri per fissare definitivamente i vangeli canonici distinguendoli dagli apocrifi: «I Vangeli degni di fede sono quelli che sono rivestiti di autorità apostolica . Nel II secolo Marco venne identificato come discepolo di san Pietro e di san Luca, ma anche di san Paolo, mentre i Vangeli secondo Matteo e Giovanni si riferiscono direttamente all’autorità di uno degli apostoli. Qualunque sia l’attribuzione, il fatto è che tutti i personaggi menzionati nei Vangeli non sono morti contemporaneamente a Gesù, quindi hanno potuto garantire, confermare o affermare ciò che si è detto di Lui per decenni».

Essenziale e dirimente la parola dei testimoni oculari, uomini e donne che lo hanno visto risorto.  E per quanto riguarda le contraddizioni presenti nei 4 vangeli del canone? Non solo non indeboliscono la veridicità dei testi, ma sono un indice della loro autenticità: «Il primo modo per spiegare queste contraddizioni o, comunque, differenze, è che, pur basandosi su testimonianze e fonti precedenti, i Vangeli sono quattro opere scritte da quattro autori diversi. A seconda dello scopo che ogni autore assegnava alla propria opera  poteva utilizzare lo stesso materiale, quello stesso episodio o quella stessa parabola, in modo diverso. Possiamo aggiungere che queste disparità sono anche una prova di autenticità: se fosse una storia di fantasia, i suoi autori avrebbero unificato meglio le cose».

Nel vangelo di san Luca, per esempio, alcuni passaggi che mostrano incertezza nei riferimenti cronologici confermano come l’evangelista non ha inventato, ma ha cercato di organizzare materiale che gli è arrivato così, multiforme, in modo informale e poco strutturato. Il suo scopo, come dichiara nel prologo, è solo quello di comporre la grande storia di Gesù, della sua incarnazione. «All’improvviso cerca dei riferimenti nella Storia: un censimento lì, un imperatore lì… A volte si confonde con i riferimenti cronologici, ma il fatto che ci siano degli errori nel suo racconto è piuttosto un buon segno: dimostra che il materiale resiste lui e che non lo inventa, non lo crea, ma gli dà solo forma».

Cosa invece dimostra che i vangeli sono ispirati? In estrema sintesi che dicono cose vere riguardo alla persona, ai gesti e soprattutto agli insegnamenti di Gesù, unico Salvatore. In cosa consiste dunque l’ispirazione del testo evangelico? «Il fatto che i dettagli aneddotici e perfino la cronologia siano imprecisi non solleva alcun problema teologico. C’è, ad esempio, un dibattito storico sulla durata del ministero apostolico di Gesù, da uno a tre anni, che non mette in discussione la verità dei Vangeli.» (Fonte foto: Screenshot, Domuni UniversitasS. Bova, YouTube)

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