Non sono un partito, ma lo sembrano; detestano la Chiesa, ma sono una contro-chiesa; si piccano di applicare alle cose del mondo il raziocinio più stringente, ma sono superstiziosi e irrazionali. Sono "i nuovi atei" ‒ gente famosa come Richard Dawkins, Daniel Dennett, Sam Harris e il defunto Christopher Hitchens ‒, ma hanno trovato pane per i loro denti nel pensiero incalzante di Alvin C. Plantinga, professore emerito alla University of Notre Dame, di South Bend, in Indiana, uno dei maggiori filosofi viventi.
L'offensiva più recente di Plantinga trova spazio nientemeno che su The New York Times nella forma di una intervista dai tratti per nulla irenistici né inutilmente conciliatori: essere atei – dice infatti disinvoltamente il filosofo protestante americano – è cosa perfettamente irrazionale. Giocare alla contro-teologia con leggerezza significa infatti calpestare il principio di non contraddizione su cui si basa tutto il ragionare umano. Significa pretendere la stramba sine cura di dire qualsiasi cosa senza mai sentirsi in dovere di giustificarla oggettivamente. E significa credere in cose fra loro contraddittorie senza sentirne il peso solo perché tutte portano in qualche modo acqua al proprio mulino.
Gli atei – sostiene insomma Plantinga dalle pagine di uno dei mezzi d’informazione più noti e alla moda del mondo – vanno sfidati proprio sul piano della ragione. Perché la verità di Dio non la tema affatto; e, con grande umiltà, persino se ne vanta.