C’è un giovane che ha deciso di lasciare la sua famiglia, una promettente carriera in un istituto finanziario di Parigi e la vita mondana per consacrarsi a Cristo e dedicarsi al servizio delle anime. E se già questo non è per nulla scontato, ad aggiungere particolarità a questa storia di vita è il fatto che il protagonista è Johannes d’Asburgo, classe 1981, terzo figlio dell’arciduca Rodolfo e di Hélène d’Austria e dunque erede di una discendenza intimamente legata al cristianesimo.
A José María Ballester Esquivias, che lo ha intervistato, il giovane ha risposto in maniera semplice e chiara sulle motivazioni che lo hanno spinto a diventare sacerdote: «Mi chiede due o tre ragioni. Ne ho solo una: Gesù. Non sono stato ordinato sacerdote per soddisfare un desiderio di realizzazione personale. Molto semplicemente, è stato il Signore che, per rispondere al mio desiderio di offrirmi veramente a Lui, ha detto una parola sulla mia vita. È per corrispondere al Suo desiderio che ho intrapreso questa strada».
Naturalmente, negli anni non è stato tutto così lineare, anche se il giovane afferma di non aver mai avuto particolari crisi di fede. Fin da piccolino aveva chiara la differenza tra il Bene e il Male e nutriva una forte speranza in un mondo migliore. La prima svolta arriva tuttavia con l’adolescenza. È infatti attorno ai sedici anni che Johannes s’imbatte in due libri che segneranno la sua esistenza, facendogli comprendere la possibilità di vivere nella gioia. Il primo testo è La città della gioia, di Dominique Lapierre; il secondo è una biografia di Zita (1892-1989), sua bisnonna e moglie del beato imperatore Carlo d’Austria (1887-1922). Della vita di questi due suoi antenati Johannes coglie soprattutto il fatto che si sono spesi «a servizio dei poveri e della pace, quando avrebbero potuto vivere in modo molto diverso, come principi». «Per me», prosegue, «rappresentano l’esempio stesso della nobiltà del cuore».
Evidentemente però il giovane non era ancora pronto per fare un passo ulteriore. A 19 anni decide così di iscriversi alla facoltà di economia presso l’Università di San Gallo (Svizzera), che lo porterà poi a ricoprire un ruolo promettente in una banca di Parigi. Dopo un anno dall’inizio di questo impiego, tuttavia, «il banchiere in erba ha sentito un grande vuoto che ha sofferto completando la sua formazione presso il Philantropos Institute, un’istituzione accademica situata a Friburgo che offre una formazione annuale basata sull’antropologia cristiana». Questo percorso lo porta a interrogarsi nel profondo sulla figura di Gesù Cristo e a maturare la decisione, nel 2006, di iniziare il percorso di avvicinamento al sacerdozio presso la giovane fraternità Eucharistein, fondata nel 1996 a San Maurizio da padre Nicolas Buttet e ispirata al versetto 20 del quinto capitolo della Lettera agli Efesini, che esorta a vivere «rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo»
Dopo 12 anni, il 16 giugno di quest’anno, Johannes è stato ordinato sacerdote e la speranza che vive in lui è manifesta perché, afferma, «quando le persone vivono il Mistero di Cristo, iniziano opere che cambiano il corso naturale delle cose!». E lo stesso è se si rivolge lo sguardo alla Chiesa e al mondo: la sola speranza è Gesù: «Solo Lui», spiega il padre, «può trasfigurare le miserie del nostro mondo, forse le più abissali che l’umanità abbia mai conosciuto: miseria materiale, moralità, individualismo, mancanza di famiglia e relazioni, perdita di senso e di riferimento, mancanza generalizzata di speranza, pazzia mortale (in particolare i suicidi), poiché Egli conosce le sofferenze che ha attraversato il Suo amore divino attraverso la crocifissione e la risurrezione».
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