Lo aveva già fatto nel 2017 per l’elezione del 2016 e si prepara a replicare. L’arcivescovo di New York, il cardinale Timothy Dolan guiderà la preghiera che precede l’insediamento del 47esimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Come da tradizione il momento che precede la presa di possesso dell’incarico alla guida del Paese negli Stati Uniti, la terra dove la libertà di vivere senza Dio si spinge fino a diventare una prigione dorata, è preceduto niente di meno che da una preghiera. E il presidente eletto, addirittura, giura su quel libro così desueto che anche il Medioevo non può essere usato come termine di paragone, poiché sarebbe un’epoca comunque troppo recente, la Bibbia. Allo scorso mandato Trump aveva utilizzato due Bibbie, la prima, la sua personale, gli era stata regalata all’età di 8 anni da sua madre, la seconda apparteneva all’ex presidente Abramo Lincoln, per il prossimo 20 gennaio sembra che il presidente replichi le scelte di allora.
La stessa cosa sembra aver fatto affidando a Dolan la preghiera inaugurale. L’annuncio è arrivato dal diretto interessato in un’intervista televisiva il 24 dicembre scorso. «Il presidente è stato così gentile da chiedermi di nuovo di fare la preghiera di apertura», ha spiegato l’arcivescovo della Grande Mela, aggiungendo che il presidente eletto «prende sul serio la sua fede cristiana». Non solo. Dolan ha spiegato che secondo lui il presidente sta vivendo una fase di risveglio vero e proprio della fede «anche perché non so come possa una persona essere presidente degli Stati Uniti senza avere una fede profonda»
Ma nei pochi minuti di intervista, la Vigilia di Natale, Dolan si è spinto oltre dicendo che «c’è qualcosa di mistico nei due tentativi di omicidio di cui è stato vittima Trump nella campagna elettorale». Il presidente eletto è stato infatti prima colpito da uno sparo ad un orecchio durante un raduno avvenuto il 13 luglio in Pensylvania e poi una seconda volta a settembre mentre giocava a golf in Florida, secondo Dolan questi due episodi sono stati cruciali proprio nel percorso di crescita della fede del Tycoon. «Non lo sapremo mai davvero nel profondo – ha precisato – perché tutto è opera di Dio, non nostra. Anche la fede è un dono di Dio, ma noi siamo chiamati a cooperare, ad abbracciarla».
Non solo. Dolan spiega di aver ricordato a Trump di «quando Regan incontrò Giovanni Paolo II, entrambi reduci da due tentativi di omicidio dai quali erano scampati per miracolo. E Ronald Regan disse: “Santo Padre, Madre Teresa mi ha detto che Dio mi ha risparmiato la vita perché ha qualcosa di importante da farmi realizzare”, Giovanni Paolo replicò sorridendo, “Signor Presidente, Madre Teresa mi ha detto la stessa cosa, quindi perché non lavoriamo insieme e facciamo qualcosa nel mondo?”»
Nel 2017 Dolan, per la preghiera pre insediamento, aveva scelto un brano tratto dai libri sapienziali: «Dacci la saggezza, perché siamo tuoi servi, deboli e caduchi. In verità, anche se uno potesse essere perfetto tra i mortali, ma mancasse la saggezza che viene da Te manca, non conterebbe nulla».
Un monito che vale per tutti i cristiani in ogni tempo ed è ancor più vera per chi si appresta a guidare la più grande potenza occidentale nel mondo globalizzato. (Foto: Imagoeconomica)
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