Berlino rompe gli indugi e mette sul piatto 200 miliardi di euro per pagare le bollette di famiglie e imprese, una manovra precisa e decisa, mentre a Bruxelles ancora si rimpallano sul fantomatico price cap del gas e la necessità di procedere uniti. In Italia intanto è di ieri l’annuncio di Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che le bollette elettriche aumenteranno del 59% da ottobre. Questo aumento, ci dice, Sergio Giraldo, Head of Risk Management and Energy Market Compliance di Utilità, vale per «tutti quelli che si trovano ancora nel cosiddetto regime di tutela che quindi vedranno il prezzo dell’energia che sale di quel valore percentuale».
Dottor Giraldo, che cos’è il regime di tutela?
«È quello in cui si trovano tutti gli utenti che non hanno ancora scelto un fornitore sul mercato libero. Per capirci si sta parlando di circa un 30% dei clienti famiglie e di un 20% delle aziende, il resto sono sul mercato libero e quindi hanno delle condizioni di prezzo che sono quelle stabilite nei contratti».
Però gli utenti a mercato libero per il prezzo sono tutti in una situazione tipo montagne russe, lo abbiamo visto in questi mesi. Per questo la Germania ha attivato un possente scudo da 200 miliardi?
«Questa scelta di Berlino è la presa d’atto che l’Europa non funziona, la Germania non intende aspettare oltre che arrivino soluzioni di Bruxelles e decide di fare da se. Cosa che io auspicherei facesse anche il governo italiano, perché da mesi a Roma temporeggiano in attesa di un fantomatico tetto al prezzo del gas che non solo non è mai arrivato, ma mai arriverà».
Però l’Italia 60 miliardi li ha messi.
«Finora ha messo 60 miliardi, ma adesso abbiamo davanti un’inverno in cui i prezzi si prospettano ancora altissimi e i 60 miliardi che sono bastati sinora non potranno nulla. Molti utenti, penso soprattutto alle imprese, non pagheranno le bollette perché non se lo possono più permettere».
A Roma possono trovare altre risorse, possiamo riuscire a fare come i tedeschi?
«È la domanda delle domande. Le risorse si possono trovare, credo però che questo diventi uno snodo importantissimo per l’area euro e la moneta stessa».
Per quale motivo?
«Perché se l’Italia mette sul tavolo quei 100-150 miliardi che servono e lo fa a debito, è chiaro che tutto il sistema della zona euro ne risente. Quindi, o qui c’è un patto tra Bce, Commissione europea e gli Stati membri, per cui tutti insieme si decide che questa cosa si fa, oppure c’è il rischio che la zona euro si rompa».
Ma i 200 miliardi messi da Berlino non sono già la prova che questa unità non c’è?
«Si, l’unità non esiste. Anche perché se siamo in questa situazione dipende dal fatto che l’Unione europea ha lasciato fare quando la Germania si legava mani e piedi a un solo forniture, che è la Russia, trascurando di diversificare il resto degli approvvigionamenti. Così quando il rapporto con quel fornitore è entrato in crisi è entrata in crisi tutta l’Europa. Non esistita l’Europa quando era il momento di decidere quali gasdotti fare e non esiste adesso perché soluzioni unanimi non ci sono e non ne possono arrivare. Soprattutto non c’è una rete monetaria in grado di reggere queste soluzioni».
Una bella sfida per il neo governo italiano che va formandosi…
«È la sfida principale direi, è quello su cui decide il proprio destino».
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