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22.12.2024

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La sorprendente indipendenza delle donne del Medioevo
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16 Marzo 2023

La sorprendente indipendenza delle donne del Medioevo

«Le donne medievali se la passavano meglio?». Già solo porsi un simile quesito, oggi, sa di provocazione. Eppure c’è chi non teme di confrontarsi con tale dilemma, arrivando peraltro a delle conclusioni tutt’altro che scontate e in linea con la cultura dominante. È il caso della britannica Marion Turner, studiosa di rango – insegna all’Università di Oxford – e autrice di numerosi libri. Ebbene, in un lungo articolo pubblicato su Unherd la docente inglese, pur rigettando semplificazioni su «qualsiasi tesi» su vere e presunte «età dell’oro», ricorda come siano le stesse storiche donne, oggi, a smentire lo stereotipo dell’«età oscura».

Caroline Barron, ad esempio, sostiene che le donne medievali – contrariamente alla leggenda nera che le vuole come sospette streghe e a rischio di finire sul rogo godevano di diritti sociali ed economici significativi, anche se poi svanirono nei secoli successivi. Queste donne, tanto per dire, quando si sposavano acquisivano una significativa autonomia domestica, vivendo in nuove famiglie con il marito e i figli e liberandosi da ogni dipendenza dalla famiglia di origine. E nel nuovo nucleo familiare, potevano anche tenere per sé quanto guadagnavano in costanza di matrimonio. Sì, guadagnavano: perché svolgevano lavori e professioni anche tutt’altro che trascurabili e umilianti.

«Era normale vedere le donne in una vasta gamma di lavori», sottolinea la professoressa Turner, «e, mentre le occupazioni più comuni erano nel commercio di tessuti e abbigliamento, nell’approvvigionamento e nella produzione di birra e nel servizio domestico, i documenti medievali rivelano donne fabbri, fabbricanti di pergamene e armatori. Le vedove spesso continuavano le attività dei loro mariti e alcune donne commerciavano come ” femmes soles ” – a pieno titolo, piuttosto che come parte di un’entità con il coniuge». La docente di Oxford fa poi gli esempi di donne che commerciavano in pellicce, che si ritrovavano a gestire somme di denaro enormi e gestivano immensi possedimenti terrieri.

Analoghe considerazioni, va detto, sono state fatte anche da altri autori che si sono occupati di quel periodo storico. Sentiamo per esempio che cosa ha scritto lo storico Ludovico Gatto: «Non possiamo considerare vinte le donne in ambito familiare; difatti è proprio nella conduzione della casa e nell’educazione dei figli che sovente […] viene lasciato loro uno spazio in cui, pur se è indiscussa la determinazione del capo famiglia, quando è presente, esse mantengono di per sé maggiori spazi di manovra» (Le grandi donne del Medioevo, Newton Compton Editori 2011).

Le stesse donne contadine, nel Medioevo, non erano semplici angeli del focolare. Infatti, come scrive la studiosa Giovanna Barbieri, «spesso le donne gestivano la vendita di uova, prodotti conservati, tessuti, utensili d’artigianato prodotti dal marito». Régine Pernoud, storica francese nonché grande specialista del Medioevo, nel suo Pour en finir avec le Moyen Age, si è spinta oltre, osservando che «dall’insieme dei documenti balza fuori un quadro che per noi presenta più d’un tratto sorprendente, dato che, per esempio, vediamo le donne votare alla pari degli uomini nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali […] Il voto delle donne non è sempre espressamente menzio­nato dappertutto, ma questo è forse dovuto appunto al fatto che nessuno vedeva la necessità di menzionarlo».

Il protagonismo sociale della donna del Medioevo – tema peraltro trattato nel numero di marzo della nostra rivista, cui vi invitiamo ad abbonarvi – conobbe però poi delle battute d’arresto. «Nel XVI secolo, la popolazione iniziò a crescere in modo significativo e le donne furono sempre più escluse da lavori qualificati e più redditizi», segnala la Turner, che aggiunge: «Nell’Inghilterra pre-conquista normanna, le mogli potevano detenere e disporre di proprietà a pieno titolo. I testamenti rivelano le donne che trasmettono proprietà alle loro figlie […] Ma dopo la conquista normanna, l’idea di “couverture” entrò nel diritto inglese, portata dagli invasori, che avevano una diversa concezione delle relazioni di genere».

Secondo l’accademica inglese, il fatto che la condizione femminile sia regredita dalle posizioni che aveva ottenuto nel Medioevo è dovuto alla mancata conquista, all’epoca, di posizioni politiche. Può essere. Sta di fatto che è anche vero che dopo la presunta «età oscura» ne venne una oscura sul serio, a dispetto del nome: quella dell’Illuminismo. Si considerino, per limitarsi a due soli esempi, il riconosciuto maschilismo di Jean-Jacques Rousseau e le idee dell’avvocato Sylvain Maréchal, uno dei più importanti esponenti dell’ateismo durante la Rivoluzione nonché ammiratore di Voltaire, Diderot e di Rousseau appunto.

Ebbene, Maréchal – anche se la cosa non è molto nota – non solo era fortemente maschilista, ma formulò persino un progetto di legge allo scopo di vietare alle donne di imparare a leggere, motivato sulla base di premesse quali «i gravi inconvenienti, per entrambi i sessi, dal fatto che le donne sappiano leggere», il fatto «che le donne più colte e istruite non hanno mai arricchito le scienze e le arti di alcuna scoperta» e la convinzione «che una donna, anziché imparare a leggere, deve piuttosto imparare a stare al mondo» (Projet d’une loi portant défense d’apprendre à lire aux femmes, 1801, Masse). «Le donne medievali se la passavano meglio», tornando a noi? Difficile da dire, dipende. Sicuramente se la sono passata meglio delle donne del mondo antico e di molte vissute secoli dopo. Scusate se è poco. (Foto: Pixabay)

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