Lo storico Jean Sévillia ha intervistato su Le Figaro lo studioso Jean-Christian Petitfils, classe 1944, il quale da più di quarant’anni raccoglie, approfondisce ed esamina indizi e testimonianze sull’autenticità della Sindone . Il frutto di questo approfondito studio di ricerca è sfociato in un’opera di recente pubblicazione, La Sacra Sindone di Torino. Di seguito, alcuni passaggi – tradotti – di questa interessante intervista rilasciata da Petitfils, apprezzato intellettuale formatosi alla Sorbona e autore di oltre 35 libri.
Sei uno storico dell’Antico Regime, ma dopo El Jesús de la Historia nel 2011 e il Dizionario d’Amore per Gesù nel 2015, lasci la tua specialità per la terza volta…
«Decisamente. Tuttavia, noterete che nelle due opere citate ho già dedicato diverse pagine a questa illustre reliquia del cristianesimo che non smette di mettere in discussione storia e scienza. Per quarantaquattro anni mi sono interessato a questo stupefacente mistero, esaminando studi francesi e stranieri, riviste specializzate, relazioni di simposi, perizie, rilevando l’andamento dell’indagine, le difficoltà di interpretazione nonché gli straordinari risultati per i quali ha ha utilizzato molteplici discipline: storia, archeologia, medicina legale, ematologia, palinologia (scienza dei pollini), esegesi, diritto, numismatica, spettrografia ottica, immagine polarizzata, ecc.
È l’insieme di questo dossier, aggiornato con le ultime scoperte, che ho voluto mettere a disposizione dei lettori, la cui conoscenza della sindone rimane spesso frammentaria, perfino distorta. Diciamolo senza mezzi termini, la Sacra Sindone o Sindone di Torino ha tutte le caratteristiche dell’autenticità. Oggi non ci sono dubbi. È la scienza che lo dice, perché la storia, purtroppo, non permette di risalire con certezza alle origini».
Il tuo libro espone la controversia scientifica che circonda il sudario. Nel 1988, le analisi del carbonio 14 lo datarono al Medioevo. Come si può contestare questo risultato?
«Infatti, nel 1988, l’analisi del C14 della reliquia da parte di tre laboratori specializzati ha fornito un arco di date (1290-1360) che sembrava mettere in discussione le prime conquiste della scienza, in particolare le gravissime opere americane del Progetto di ricerca sulla Sindone di Torino (STURP) del 1978, che aveva portato a test microchimici, spettrografia, radiometria infrarossa, microscopia ottica e studi di fluorescenza ultravioletta, dai quali risultava che la Sindone non poteva essere un falso del Medioevo.
Dopo un momento di stupore, si è riscontrato che l’analisi del C14 era stata eseguita in condizioni che non rispettavano il protocollo definito e poneva seri problemi di coerenza statistica. La pubblicazione nel 2017 dei risultati grezzi dei laboratori, ottenuti dal British Museum grazie all’impegno del ricercatore francese Tristan Casabianca, ha mostrato che la dispersione dei risultati tra i campioni era infinitamente maggiore di quella annunciata. Già nel 2005, un noto chimico del Los Alamos Scientific Laboratory nel New Mexico, Raymond N. Rogers, aveva dimostrato che l’area in cui erano stati prelevati i campioni era un’area controversa».
Tuttavia, anche i detrattori dell’autenticità della Sindone affrontano un enigma: non può essere opera di un falsario, perché “fare” un’immagine del genere avrebbe richiesto conoscenze scientifiche sconosciute nel medioevo…
«L’immagine non è un dipinto. Al microscopio elettronico non sono state osservate tracce di pennellate, nemmeno contorni. Occorre inoltre escludere l’ipotesi di sfregamento, l’applicazione di un bassorilievo ligneo o marmoreo, o di una statua metallica precedentemente riscaldata. L’immagine corrisponde a un leggero gradiente brunastro che interessa solo la parte superiore delle fibrille di lino in uno spessore da 20 a 40 micron. Dando un’immagine tridimensionale, sembra prodotto da emanazione lontana dal corpo e proiezione ortogonale, quindi il suo aspetto laterale è assente. Un vero mistero».
Ti sei avvicinato alla Sindone come storico. Ma nell’ultima parte del tuo libro, che racconta la passione di Cristo attraverso il sudario, non rivela la tua fede cristiana?
«La verità è che è questo pezzo archeologico assolutamente unico che ci interroga e ci costringe a porci la domanda della risurrezione di Cristo. Ovviamente non è una “prova”, perché il mistero della Risurrezione può essere ascoltato e vissuto solo nella fede, ma non permette di capire perché il corpo di questo crocifisso non mostri alcuna traccia di decomposizione, né come poteva uscire da questo sudario senza lasciare la minima traccia di lacrimazione nel disegno dei numerosi coaguli di sangue».
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