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La scristianizzazione è compiuta
NEWS 8 Febbraio 2021    di Carlo Caffarra

La scristianizzazione è compiuta

Pubblichiamo stralci di una lectio magistralis del cardinale Carlo Caffarra (1938-2017) tenuta a Roma il 18 giugno 2012 in occasione del convegno promosso dall’Ufficio per la pastorale della sanità della Conferenza Episcopale Italiana (Cei) dal titolo “Un nuovo paradigma per la sanità in Italia. La Chiesa a servizio del cambiamento”.

di Carlo Caffarra

La resistenza alla proposta cristiana non avviene solo nella dimensione interiore e soggettiva come tensione, lotta, ribellione nel cuore umano. Essa avviene anche nella dimensione oggettiva, esteriore dell’uomo come cultura e civiltà, che prende corpo in programmi di azione e di formazione della condotta umana, e si esprime nella filosofia, nell’ideologia, nella dottrina della società e dello Stato, nella produzione dell’ordinamento giuridico.

Dopo un processo storico plurisecolare la scristianizzazione della coscienza europea può dirsi compiuta. La mia non è un’affermazione statistica, ma di carattere culturale. La scristianizzazione della coscienza europea è un’opera che può dirsi compiuta perché si è ormai introdotto in essa un nuovo paradigma antropologico. Che cosa intendo? (…)

Per paradigma antropologico intendo la visione di fondo dell’uomo, in quanto essa diventa la chiave interpretativa delle fondamentali esperienze umane. Come ho cercato di mostrarvi (…), la fede che opera mediante la carità aveva generato un preciso paradigma antropologico.

Il processo che mirava a sostituire questo paradigma antropologico, ha ormai raggiunto il suo scopo. Chiamo questa sostituzione scristianizzazione della coscienza europea.

Quale è la visione dell’uomo di cui si nutre il paradigma anti-cristiano? Quale è la sua cifra?

È la definizione di uomo come individuo, secondo la quale l’uomo è un soggetto naturalmente irrelato, “il cui orizzonte antropologico è costituito dai suoi bisogni ed interessi […]. Il cui criterio di soddisfazione è paralizzato dalla psicologia centripeta dell’amor proprio” [F. Botturi, La generazione del bene, V e P, Milano 2009, 275].

Alla domanda: chi è l’uomo? Chi condivide questa visione risponde: è un soggetto costitutivamente asociale che diventa sociale per contrattazione [= visione individualistica]; che è mosso ad agire solo dal proprio bene individuale [= visione utilitaristica]. Individualismo ed utilitarismo sono il concavo e il convesso della stessa figura di uomo.

Possiamo ora, ma solo per brevissimi cenni, osservare questa visione dell’uomo nella sua opera interpretativa dell’esperienza umana. Questa visione genera un paradigma antropologico individualista – utilitarista. Faccio qualche esemplificazione che dimostra come questo paradigma ha pervaso la coscienza europea.

La comunità coniugale viene logicamente equiparata alla convivenza liberamente contrattata, sulla base del dare-avere, col presupposto che se il dare è superiore all’avere in termini di felicità individuale, ciascuno … ritorna a casa sua.

L’esperienza politica, lo Stato, non è pensato ed edificato in ordine al bene comune proprio della società politica, ma come organizzazione tesa ad assicurare a ciascun individuo l’esercizio dei propri diritti. (…)

L’esperienza della libertà è dominata dall’idea che essa non è un bene condiviso, ma un bene esclusivamente proprio. Questo modo di essere liberi ha cambiato la categoria dell’autodeterminazione.

L’esperienza dell’affettività è vissuta come dinamismo che non ha nulla in comune colla ragione e la volontà.

Potrei continuare a mostrarvi in azione il paradigma antropologico individualista – utilitarista. Mi fermo. Perché esso è anti-cristiano? Perché è anti- trinitario ed anti-cristologico. È la negazione, o meglio è l’espulsione dal vissuto umano della fede nei suoi due misteri centrali: un’espulsione ormai compiuta.

Se ciò che ho detto è vero; se la sostituzione di un paradigma anti-cristiano al paradigma cristiano è opera compiuta; se l’evento cristiano è stato delegittimato come evento che rende possibile una buona vita, si impongono le seguenti conseguenze, che ora devo limitarmi ad enunciare.

a) Non bastano più le “buone pratiche” [di solidarietà, di carità …], e quindi il compito principale non è la trasmissione di valori;

b) È necessaria una profonda opera di pensiero e di impegno educativo che riconduca la persona a comprendere se stessa ed il suo destino in verità;

c) Ma la ricostruzione di un paradigma antropologico nuovo può avvenire solo ad una condizione: uscire dalla crisi di fede in cui oggi versa la Chiesa, come ci ripete il santo Padre [Benedetto XVI] (fonte)


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