Da quattro anni a questa parte, ogni giorno che Dio manda in terra la Siria patisce decine di lutti per i combattimenti che attraversano il paese da una parte all’altra, in particolare per i bombardamenti sia dei governativi e dei loro alleati sia dei ribelli. Non ha fatto eccezione l’inizio della settimana di Natale: fra lunedì e martedì i governativi hanno causato una vittima e feriti a Barzeh, quartiere ribelle di Damasco nord; lo Stato islamico ha causato la morte di nove studentesse e il ferimento di altre venti bombardando una scuola di un quartiere di Der Ezzor nell’est del paese; aerei russi hanno bombardato nelle province di Idlib e di Homs causando vittime fra i combattenti e fra i civili e nella Ghouta orientale (est di Damasco; i governativi hanno continuato ad attaccare Palmyra per riprenderla dalle mani dell’Isis, Madamiyeh, sobborgo di Damasco e al-Madiq nella provincia di Latakia; nella provincia di Hasakeh un ragazzo e morto e molti altri sono rimasti feriti per l’esplosione di una mina dell’Isis.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) con base a Londra e simpatizzante per la causa dei ribelli, nella sola giornata del 21 dicembre in Siria sono state uccise 134 persone, delle quali 35 civili e gli altri combattenti. In quella giornata l’Isis ha compiuto tredici esecuzioni capitali di prigionieri e presunte spie.
In un contesto del genere fa poco notizia il bombardamento di Maharda e Meqelbia, località cristiane della provincia di Hama, lunedì scorso da parte di fazioni islamiste. Eppure il fatto merita di essere messo in evidenza per una fondamentale ragione: conferma un paradigma di azione consolidato da parte dei ribelli islamisti, che da un paio di anni a questa parte colpiscono intenzionalmente civili dei quartieri cristiani e le loro chiese in occasione delle principali feste cristiane.
Nell’aprile scorso, durante la settimana santa ortodossa, i ribelli islamisti di Aleppo hanno bombardato il rione attorno a piazza Farhat nel quartiere di Sdeide, accanendosi contro i cinque edifici ecclesiastici che si trovano nella zona (fra i quali la prestigiosa chiesa armena apostolica dei Quaranta Martiri) e che ora sono distrutti o inagibili. L’Isis nella provincia di Hasakeh aveva distrutto la chiesa della Vergine Maria la domenica di Pasqua della Chiesa assira orientale.
I bombardamenti prenatalizi di Maharda e Meqelbia, che hanno causato la morte di due civili e il ferimento di altri venti, alcuni dei quali in condizioni critiche per la mancanza di assistenza sanitaria nella zona, rientrano nella sanguinosa tradizione che i ribelli islamisti hanno inaugurato qualche tempo fa e che sembrano voler rispettare.