VI Domenica di Pasqua
Fratelli,
anche in questa sesta domenica di Pasqua, la prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, ci offre l’occasione per evidenziare alcune priorità, che debbono sempre orientare la Chiesa in ogni tempo ed in ogni luogo. La lettura degli Atti degli Apostoli infatti è per la Chiesa come guardare nello specchietto retrovisore e tenere sottocchio le proprie origini, la propria forma originale per non obliarle. Si tratta di un guardare indietro per poter andare avanti nella fedeltà al Signore.
Nella prima lettura, a tale proposito, ci viene descritta la predicazione del diacono Filippo in Samaria: “ In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo”. Questa informazione telegrafica, mette da subito in risalto che la predicazione di Filippo e dunque della Chiesa primitiva era esplicita, diretta, senza quelle preoccupazioni di contestualizzazione culturale, che talvolta caratterizzano la pastorale odierna, anche con un popolo cosi difficile come i Samaritani, che avevano rifiutato di ospitare Gesù stesso in persona, come ci narra l’evangelista Luca al capitolo nono del suo Vangelo ( Lc 9,52). Ancora, ci viene riferito nello stesso brano gli effetti di questa predicazione di Filippo: “E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti”.
Anche l’ascolto della predicazione, oltre che i segni compiuti, fa i miracoli ed il primo di questi miracoli è l’uscita da molti indemoniati di molti spiriti impuri, quasi un esorcismo di massa. Giustamente a tale proposito Joseph Pieper diceva che : “ una predicazione chiara é il primo degli esorcismi”. Ora, una predicazione chiara , per essere tale, deve rivolgersi soprattutto all’intelletto piuttosto che al sentimento e deve pertanto offrire ragioni ; ed ecco il collegamento con la seconda lettura di questa Domenica, tratta dalla prima lettera di San Pietro Apostolo dove siamo esortati a rispondere sempre a chiunque domandi ragioni della speranza che è in noi.
Dobbiamo pertanto come cristiani contrastare quell’antintellettualismo che riduce la fede a slogans sentimentali, che hanno la stessa efficacia del fuoco dipinto di Geppetto.
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