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La predica corta della domenica – State pronti
NEWS 7 Agosto 2022    di don Gabriele Brusco

La predica corta della domenica – State pronti

IX Domenica del Tempo ordinario – anno C (Vangelo Lc 12,32-48)

La notte della liberazione giunse dopo i giuramenti cui avevano prestato o dovevano presentare fedeltà. La liberazione non arrivò però senza difficoltà. Fu accompagnata da una serie di dubbi, ritrosie, tradimenti, pentimenti e riconsiderazioni. Il popolo si salva, ma non interamente. I giusti ottengono il perdono anche per chi non riesce a tenere il passo, ma alla fine solo chi si mantiene nella giustizia viene chiamato a Lui.

La seconda lettura ci chiarisce che i nostri antenati nella fede in Dio sono stati approvati da Dio stesso perché hanno fondato ciò che si spera, nella fede. Credere nella Parola di Dio è la prova del futuro che ci attende con Lui. Ciò che si spera, il fondamento della fede, è l’affidabilità della Parola di Dio, Parola che Egli stesso ha dato senza che noi gliela chiedessimo, manifestazione del Suo amore nonostante il peccato originale e i nostri peccati personali. Si tratta di un Amore che è disposto a dimenticare le offese in funzione del Bene maggiore di cui possiamo godere insieme.

Abramo e Sara arrivarono ai limiti della loro fede, credettero contro ogni calcolo umano, contro la scienza e la statistica. Da ciò che era umanamente sterile, Dio ottenne una moltitudine di credenti. Morirono senza avere ottenuto sulla terra quello che sembrava il loro obiettivo. Per noi però sono l’esempio di chi crede nella resurrezione dei morti che arriverà solo con Cristo: Abramo non “teme” di sacrificare suo figlio Isacco perché, anche nel caso fosse morto, sapeva che sarebbe risorto. Dobbiamo coltivare in noi stessi questa fede che ci permette di morire di fronte alle ingiustizie umane, alle persecuzioni, alle moderne idolatrie.

Anche Gesù nel Vangelo afferma e spiega il concetto persuadendoci a eliminare ogni attaccamento alle cose sensibili e a puntare invece a ciò che non perisce. Non dobbiamo accumulare il nostro tesoro su questa terra, dove tutto svanisce, ma nei Cieli. Perché dove si trova il nostro tesoro, là sta anche il nostro cuore.

In aggiunta, oltre ad aver chiaro il nostro fine, dobbiamo anche essere pronti per quel giorno e quell’ora in cui Dio ci chiamerà a sé. Gesù arriva a sostenere che il padrone che troverà i servi in attesa si metterà a servirli: è un’iperbole che ci aiuta a comprendere come tutto sia diverso nei Cieli e come l’amore, il desiderio di fare di tutto per l’amato, porti anche Dio a “servire” l’amico fedele per renderlo ancora più felice.

Gesù non parla solo di gioia eterna. Purtroppo, come in tutte le cose serie della vita, occorre rispondere correttamente alle richieste di Dio. Così se il servo si comporta male, se non sta in attesa, alla fine, invece dell’iperbolica “glorificazione” del suddito otterrà la punizione severa. Sebbene vi siano delle esagerazioni, dal punto di vista umano, è evidente che Cristo ci chiede di rispettare la volontà di Dio se non vogliamo rischiare la punizione divina che sarà commisurata alla nostra fede e ai doni che abbiamo ricevuto.

Anche noi oggi dobbiamo comprendere il significato delle parole di Cristo per la nostra vita. Non possiamo andare avanti affidandoci solo al Suo amore senza considerare la Sua giustizia. Nella giustizia ricade proprio la nostra fede: Cristo è la nuova alleanza, chi vuole essere salvato deve seguirLo come Via, deve amare fino alla morte in croce, deve vivere su questa terra la Vita eterna. Cristo è la Verità e se lo neghiamo non siamo cristiani; se ci affidiamo ad altri idoli, avremo la loro “premiazione”… ma non la gloria eterna.


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