I Domenica di quaresima – Vangelo Mt 4, 1-11
Mi colpisce la preghiera con cui abbiamo iniziato la Liturgia di questa prima domenica di Quaresima. “O Dio nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”.
“Segno sacramentale della nostra conversione” dice la preghiera. La Quaresima è un segno abitato da Dio, un segno che parla di Dio. L’intelligibilità di un segno è data dalla sua evidenza, dalla sua nitidezza. Un segno deve poter essere riconoscibile, altrimenti come per certi segni lungo le strade, ormai consunti, non servono più allo scopo per cui sono stati posti. Questo compito spetta a chiunque abbia responsabilità rispetto a quel segno. Per questo, sollecitiamo le autorità a porre, a rimarcare, a valorizzare il segno pena la sua sostanziale inutilità. Se non lo facesse, denunceremmo questa come una mancanza grave. La Chiesa ha il compito di dare valore al segno quaresimale usando tutti i fattori implicati. Penso al digiuno, all’astinenza delle carni il venerdì, alle benedizioni nelle case (almeno questa è la tradizione nel bolognese), alla preghiera della Via Crucis, all’elemosina, alla coroncina della Divina Misericordia, la catechesi per “crescere – come dice la preghiera – nella conoscenza del mistero di Cristo” ed in particolare della sua passione e morte. Noi dobbiamo esigere che il segno sia sempre più espressivo. Lo esigiamo perché vogliamo il Paradiso. Io voglio vivere la Pasqua di resurrezione, ma Dio ha stabilito per i suoi figli perché vi giungano nel modo più vero di attraversare questo tempo. Dalla Chiesa dobbiamo pretendere che faccia risaltare questo tempo di rinnovamento spirituale
L’interpretabilità del segno dipende al contempo anche dalla capacità di saperlo “leggere”. Non possiamo non riconoscere che si è smarrita una certa alfabetizzazione della ragione e dello spirito.
La conseguenza di questo è il deserto.
Non è forse vero che vediamo in noi e attorno a noi, una progressiva desertificazione?
Il contesto del Vangelo di questa prima domenica quaresimale è il deserto, il luogo cioè dello smarrimento, della solitudine, dell’angoscia. Non c’è terreno più fertile del deserto per l’abbandono di sé al peccato, alla dissipazione, allo scoraggiamento. Quanti ragazzi nel tempo del covid, a motivo dell’isolamento, hanno sofferto e patiscono tutt’ora? Quanti imprenditori per la vergogna del fallimento si rivolgono ad usurai o si mettono nelle mani di filibustieri? “È molto facile portare via soldi a chi non li ha” mi ha detto un amico l’altro giorno. Nel deserto delle relazioni, ci si lascia ingannare da tanti miraggi e si finisce per “gettarsi ai piedi” di maghi, cartomanti, sette, amanti, affetti scomposti e perversioni finendo di fatto nel divenirne schiavi.
Gesù “condotto dallo Spirito” nel deserto viene fatto partecipe della condizione di ogni uomo. Il diavolo è l’oscuro e invisibile nemico il cui scopo è appunto quello di amputare la libertà dell’uomo non facendolo mai giungere al suo compimento.
In fondo, scopo del demonio è ridurre al deserto la vita dell’uomo, all’isolamento, al dissolvimento da ogni origine, alla frantumazione di tutti i legami che possono restituire coscienza di sé… Da qui si capisce, la fecondazione eterologa, le pratiche dell’utero in affitto, il gender, il divorzio ossia tutto ciò che confonde e atomizza la vita di ciascuno. A quale scopo? Un uomo solo più facilmente finisce per prostrarsi e adorare ogni cosa che gli possa dare vita per poi accorgersi che la vita gli viene tolta.
«Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Questa è la quaresima! Riconoscere che Dio è presente e Lui solo adorerai. Cristo ha scelto di abitare i nostri deserti e di affiancarsi a noi nella lotta contro il Nemico. L’adorazione a Dio non è solo l’atto di fede sostanziale del credente come Cristo chiede, ma il primo atto di comunione per sottrarci dalla solitudine.
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