VI domenica di Pasqua
Fratelli, mai come in questo tempo di guerra abbiamo sentito parlare di pace. E’ pace é la parola che caratterizza l’odierna pagina evangelica. Tuttavia Gesù si premura di mettere ordine rispetto al modo in cui gli uomini intendono o fraintendono questa parola. Ci troviamo dinanzi ad una di quelle rare pagine, dove Gesù lascia da parte linguaggio pratico e piano, che caratterizzava la sua predicazione, per usare un linguaggio astratto. Astratto non ha per sé il significato negativo che spesso noi gli attribuiamo oggi. Qui per astrazione si intende una sintesi universale, una definizione utile, in questo caso, a conoscere o riconoscere la pace secondo Cristo. Andiamo a vedere dunque questa definizione:
– «vi lascio la pace»: la pace è un lascito di Gesù. Un dono suo!
– «vi do la mia pace»: questo aggettivo possessivo – mia – ci indica che questa pace è peculiare, che è la sua e non di altri. Solo lui ce l’ha.
– «non come la dà il mondo io la do a voi»: qui indica una differenza qualitativa con la pace mondana. La pace di Cristo non è una pace qualunque, è la sua pace. Come direbbe il Manzoni: «pace che il mondo irride ma che rapir non può» (Pentecoste).
Abbiamo dunque scoperto, tramite questa definizione, che esistono due paci: quella di Cristo e quella del mondo. Cos’è la pace del mondo? È presto detto: è la pace col mondo! Si intende naturalmente quel mondo per il quale Gesù non ha voluto pregare, quel mondo del quale Gesù, nell’ultima cena, ha detto ai suoi: «voi siete nel mondo ma non siete del mondo». La pace del mondo e dunque cessare quella guerra che Gesù ha dichiarato a questo mondo e per la quale il mondo odia Gesù e chi lo segue: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo, poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia» ( Gv 15, 18-20). Detto questo resta da dire allora cosa sia la pace di Gesù: è la sua amicizia, ossia volere o non volere la stessa cosa con Lui (idem nolle, idem velle); insomma come diceva Dante: «in sua voluntate è nostra pace».
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