V Domenica di Quaresima – Vangelo Gv 11,25.26
Accostandoci a questa sacra pagina, teniamo presente che questi sono Vangeli per chi si sta preparando a ricevere il Battesimo o a rinnovarne le promesse la notte di Pasqua; ebbene oggi siamo accompagnati al culmine della nostra iniziazione, entriamo cioè nel mistero della resurrezione. A Gesù vien riferito che il Suo amico Lazzaro è malato.
In tale circostanze noi che cosa ci aspetteremmo? Un precipitoso recarsi di Gesù al capezzale dell’amico malato. Invece il Signore pare reagire con una calma olimpica, anzi può sembrare perfino irritante, fuori luogo: “Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava”. Poi dichiara ai Suoi discepoli che Lazzaro è morto e che Lui è contento di non essere stato là affinché essi possano credere. Poco prima aveva detto “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio” Quanto ci confonde questo atteggiamento! Quanto è diverso dal nostro! Lazzaro è amico di Cristo, eppure questa amicizia non pare esentarlo dalla malattia e dalla stessa morte, non gli garantisce una corsia preferenziale. Anzi, alla notizia della sua infermità, Gesù sembra prendere tempo; se fossimo noi a pregarlo in questa circostanza , ci verrebbe da dire: “Dio non mi ascolta”, o addirittura “Dio non c’è”. Ed infatti non sembra esserci per l’amico Lazzaro: la malattia compie il suo corso ed egli muore. Eppure ciò doveva accadere “non per la morte ma per la gloria di Dio”.
Come può dire il Signore “Non per la morte” se poi Lazzaro muore?! Ma è proprio questo il cammino pasquale che stiamo compiendo, e nel Vangelo di Giovanni è un tema ricorrente: alla Vita si arriva non scansando la morte, bensì attraversandola. La Vita non fa evitare la tappa della fine, ma viene dentro la morte e la supera. La Vita uccide la morte dal di dentro.
La malattia di Lazzaro non è per la morte non perché non muoia, ma perché Cristo lo ama e lo rende vittorioso sulla morte quando già imputridisce e tutto appare concluso con una lapide tombale. Così è per ogni nostra preghiera apparentemente inascoltata, così è per le malattie che non passano, per la morte stessa che sappiamo inevitabile per noi ed i nostri cari : tutto ciò deve accadere non per marcare una fine deludente o tragica, ma affinché si manifesti la potenza di Dio che vuole sempre allargarci il cuore.
“Io apro i vostri sepolcri”, abbiamo sentito nella I Lettura; sì, il nostro Dio non sopporta le tombe, ci piange sopra, e non le vuole come definitive, tant’è che Gesù ordina “Togliete la pietra!”. Cristo viene a rotolare via le pesanti pietre che ci opprimono, che ci impediscono di sbocciare, di respirare sereni, di vivere, un giorno, per sempre.
Lo fa attraverso i divini misteri che celebriamo sull’altare. “Lazzaro il nostro amico si è addormentato, ma io vado a svegliarlo”: davanti alla potenza di Cristo la morte – e le varie morti – non è nulla di più di un sonno leggero dal quale ci risveglieremo!
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