XIV Domenica del Tempo ordinario (Lc 10,25-37)
Sbaglieremmo a leggere questa pagina del Vangelo presentando l’amore del prossimo come se a questo comando si potesse ridurre il messaggio di Cristo nella sua originalità. Le cose non stanno propriamente così.
L’amore del prossimo è già contenuto chiaramente, come comando, già nell’Antico Testamento e ogni ebreo lo conosceva bene. L’originalità di Gesù sta nel “chi” considerare come prossimo da amare. Per gli ebrei era il parente, l’amico, il connazionale, il correligionario, e solo loro. Gesù invece abbatte ogni confine: prossimo è ogni uomo che il Signore mette sulla mia strada e offre alla mia attenzione.
Ma l’originalità di Gesù sta ancora di più nella ragione e nell’origine dell’amore al prossimo. Noi non dobbiamo amarci tra noi perché siamo amabili; anzi spesso non lo siamo affatto. Dobbiamo amarci tra noi perché il Signore ci ha amati per primo e ci ha amati tutti dello stesso amore, si è chinato sulle nostre ferite, ci ha resi una cosa sola con l’impeto unificante della sua sorprendente misericordia. E’ Lui il buon samaritano!
Se dimentichiamo questa ragione, che solo la fede può dare, se non partiamo dallo stupore dell’amore di Cristo per noi, invano noi uomini tentiamo di amarci tra di noi. Come la storia spesso ci insegna, ogni slancio di solidarietà e di fratellanza finisce nell’oppressione e nella strage.
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