II Domenica dopo Natale 02/01/2022
Commento al Vangelo Gv 1, 1-18
Il prologo di Giovanni rappresenta letteralmente un abisso di luce nelle tenebre fitte che avvolgono il cuore dell’uomo, soprattutto quelle tenebre più profonde che impediscono di ricercare la Verità, scoprire nella realtà umana la Presenza del Verbo di Dio.
Egli compie un balzo grandioso nel percorso umano di conoscenza di Dio; in primo luogo osa immergere il suo sgurado, la sua libertà nell’Eternità, dimensione spazio-temporale impossibile da comprendere totalmente per noi uomini: prima dunque della creazione dell’universo, la Parola esisteva fuori dal tempo, era Parola di Dio, era Dio ma questa circolarità eterna di Vita, di Amore, ha voluto uscire da se stessa, rendere piena l’esistenza dell’universo tanto che, come ci insegna il libro della Genesi, uscendo da Dio e accompagnata dal soffio di Dio stesso, ha dato inizio alla creazione, vincendo il buio delle tenebre che continueranno ad opporre resistenza, ma non sono riuscite e non riusciranno a vincere il potere Vitale di questa Luce.
La grandezza del Prologo di Giovanni è inoltre rappresentata dalla bellissima immagine dell’Incarnazione che il discepolo prediletto ci dipinge in questo quadro poetico: l’uscita della Parola, questa circolarità della Parola di Dio non cessa con la creazione, anzi, per unirsi ancora di più alla creazione stessa, la Parola ha voluto diventare carne umana, ha voluto prendere un corpo, entrare nel tempo e nella storia con un volto: Gesù di Nazaret.
La Parola che era fuori dal tempo si è fatta umana; un uomo che possiamo ascoltare, vedere, toccare; c’è stata come una discesa graduale della Parola di Dio nel mondo, attraverso una parola affidata ad Abramo, donata a Mosè, caduta sui profeti, la Parola che preso ha dimora in Israele come sapienza, presenza, la Tenda di Dio nel Santo dei Santi del Tempio.
Dal momento del concepimento di Gesù nell’utero di Maria, Dio è un uomo e un uomo è Dio! Così avviene l’ammirabile scambio, “O admirabile commercium”, come canta un antico testo liturgico; così è avvenuta la rivelazione totale del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe nella nostra carne; così Dio si è donato a noi, si è dato all’umanità, si è unito alla creazione, perché l’aveva creata per amore, un amore mai venuto meno, ma sempre rinnovato in tutta la storia. E la vita di Gesù sarà l’esplicitazione di ciò che è annunciato qui nel prologo: Gesù è la vita del mondo, è “la luce del mondo”, è la rivelazione del Dio che nessuno ha mai visto, come il prologo conclude.
Ma un Dio che si esilia da se stesso per amare chi è fuori di lui, un Dio che si mostra mortale, che Dio è? Questo è lo scandalo dell’incarnazione, che è sempre stata la verità più difficile da credere, in ogni tempo.
“Ecco l’uomo!” è la dichiarazione di Pilato, o addirittura di Gesù stesso, nel momento del dono totale della sua vita, del suo corpo e del suo sangue all’umanità.
Potremmo parafrasare le parole di San Paolo: «Mentre i giudei cercano manifestazioni di un Dio onnipotente e le genti manifestazioni di Dio nei ragionamenti intellettuali, noi predichiamo che Dio è umano; è un Dio che si è fatto vedere in Gesù, uomo mortale, ma capace di dare la vita per gli altri». Uomo che ha attraversato i patimenti dell’umanità ma che ha sconfitto le tenebre della morte, non rimanendo ostaggio di questa ma liberandoci dai lacci delle tenebre.
Un uomo che se accolto, ci da il potere di diventare figli di Dio, figli della Luce che anche adesso sconfigge le tenebre dei nostri dolori.
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