Una delle critiche sollevate nei confronti dei documenti prodotti dall’ultimo sinodo straordinario sulla famiglia, inclusi i lineamenta in preparazione del Sinodo del prossimo ottobre, riguarda la presenza di un approccio e di un linguaggio di tipo “sociologico”, che sembra voler evitare l’uso di categorie della Rivelazione e della teologia morale di sempre riguardo alla sessualità, all’amore coniugale e alle famiglia, come quella di peccato, parola forse giudicata da alcuni troppo “dura” per la sensibilità odierna.
La Conferenza episcopale polacca, i cui esponenti durante e dopo il Sinodo sono stati tra i più fermi a denunciare certe sue spinte secolarizzanti, non sembra curarsi molto dell’“ecclesiastically correct” del momento. In questi giorni sono apparsi in diverse città della Polonia dei manifesti promossi appunti dai vescovi, dove si vedono la mano di una donna e quella di un uomo che si uniscono, un serpente fra le loro dita, e sullo sfondo le lenzuola di un letto. La scritta, a caratteri cubitali, recita: «La convivenza è peccato».
Don Przemyslaw Drag, direttore del Centro Nazionale per la Pastorale Familiare, commentato l’iniziativa ha detto che «il numero delle convivenze è una preoccupazione di molti genitori e pastori… insieme l’aumento delle unioni di fatto». E di fronte a un fenomeno che «appare come una conseguenza della paura di assumersi le propria responsabilità verso l’altro, la paura di avere figli, la paura di impegnarsi seriamente nella vita sociale», la Chiesa ha voluto ricordare, e senza eufemismi, ciò che questo comporta anche per l’anima di chi ne è coinvolto.