L’attrice danese Brigitte Nielsen è diventata mamma per la quinta volta all’età di 54 anni. La notizia è festeggiata dall’ex moglie di Sylvester Stallone come una vittoria della scienza e della tenacia sul caso. Un caso che aveva fissato la possibilità per lei di diventare mamma a quell’età ad appena il 2,5% di possibilità.
Eppure la Nielsen ce l’ha fatta. Grazie ad un costosissimo ricorso alla fecondazione assistita, che lei stessa racconta così: «Mi sono sempre detta: ci provo fino all’ultimo embrione rimasto – le sue parole – Servono tanti soldi e fatica, specie a quest’età. Qualcuno deve pur vincerla questa lotteria. Gli ormoni reagiscono in modo diverso in ogni donna, è dura sentirsi dire “mi dispiace”. Ma io non ho mai mollato».
Una sfida prometeica, dunque, in uno scontro costante tra la natura e i ritrovati di una tecnica che però lascia un prezzo da pagare molto alto.
«È stato duro, logorante e complicato», ha raccontato Nielsen al quotidiano britannico, «avevo solo il 2,5% di possibilità, almeno cosi mi avevano detto i medici, che mi avevano messo subito in guardia: “Aspetta almeno ventisette settimane prima di dirlo ad amici e parenti”. Il rischio era troppo elevato».
Ovviamente quel “fino all’ultimo embrione” è visto con uno sguardo tenero e romantico dal mondo dei media che ha dato la notizia. Eppure, quell’ultimo embrione rappresenta proprio un sopravvissuto di una tecnica che sacrifica la vita di altri esseri umani, altri embrioni, che vengono prodotti e scartati per poter finalmente avere un ultimo embrione.
«Qualcuno mi ha detto che sarei ridicola a fare una cosa del genere alla mia età, ma questi sono affari miei», ha spiegato sempre al Guardian, accennando allo strisciante sessismo: «Pensate agli uomini che hanno figli a cinquanta, sessanta, settant’anni. Jeff Goldblum ha concepito il suo secondo figlio poco tempo fa, a 64 anni. E allora?».
Il problema evidentemente, non sono né il sessismo né l’essere ridicoli, ma semmai il considerare la vita umana come una lotteria della quale poter disporre come se si trattasse di un semplice affidarsi al caso con i piccoli embrioni utilizzati come dadi. Un pericoloso gioco che mira a mettersi nei panni di Dio, utilizzando il desiderio come spinta principale per fare tutto quello che si vuole. Anche immolare esseri umani per arrivare in fondo al gioco.
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