La vicenda di don Mattia Bernasconi, il sacerdote milanese che domenica scorsa ha celebrato l’eucaristia in mare – su un materassino – in località Alfieri (Crotone), nelle scorse ore ha conosciuto almeno due elementi di sviluppo. Il primo è dovuto ad una iniziativa della procura crotonese che, dimostrando più tempestività delle autorità ecclesiali, ha deciso indagare il sacerdote della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano per offesa ad una confessione religiosa. Il secondo dato di novità sono invece le scuse del sacerdote in questione che, sul sito della parrocchia, ha pubblicato una lettera in tal senso.
«Carissimo Arcivescovo Mario, carissimi vicari episcopali, carissimi confratelli, carissimi fratelli e sorelle nella Fede», è l’esordio della nota, «vi scrivo poche ma sentite righe per chiedere scusa per la celebrazione di domenica 24 mattina nelle acque del mare di Capo Colonna». Tutto bene, dunque? Non proprio, e non solo perché, come si diceva poc’anzi, l’episodio rischia di avere conseguenze giudiziarie. Infatti, il sacerdote, formulando le sue scuse, ha da una parte derubricato tutto ad una leggerezza («mi rimprovero forse un po’ di ingenuità») – quasi avesse posteggiato l’auto in doppia fila, anziché mancare gravemente di rispetto alla Presenza reale di Gesù nell’eucaristia – e, dall’altra, ha aggiunto una considerazione spiazzante.
«Però una signora mi ha ringraziato», ha replicato don Mattia, «dicendomi che si era sentita raggiunta dalla Chiesa anche in spiaggia». Un pensiero che andrebbe benissimo se di mezzo ci fosse l’attività di vendita di birra o di cocco fresco; ma un sacerdote – anche se forse il concetto non è forse più così chiaro – è qualcosa di leggermente diverso dall’uomo del «cocco bello». Soprattutto, la Santa messa è qualcosa di anni luce diverso da un semplice intrattenimento in salsa religiosa, da allestirsi dove capita. Peccato, pure qui, che però il significato originale della celebrazione della liturgia si sia perso spesso di vista in favore di degenerazioni sconcertanti.
Dinnanzi a tutto questo, amareggia ancora più un fatto: il debutto della messa sul materassino gonfiabile era stato in qualche modo previsto. E non l’anno scorso, ma decenni or sono quando l’allora cardinale Joseph Ratzinger, intervistato da Vittorio Messori in un libro che fece epoca – Rapporto sulla fede (1985) – ebbe a rammentare: «La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese ” simpatiche “, di trovate ” accattivanti “, ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro». Ora, perché sono significative tali valutazioni?
Per un motivo semplice: pur togliendo le parole, tanto è grave, il caso del sacerdote che arriva a dire messa sul materassino gonfiabile non è il problema, bensì la più estrema conseguenza di un problema. Che è quello di celebrazioni improvvisate, disordinate e, in definitiva, della totale mancanza di consapevolezza di che cosa sia l’eucaristia, anzi di Chi sia. A non saperlo, non è una novità, sono anzitutto milioni di fedeli ogni domenica, non c’è dubbio. Il punto è che, se ad istruire e a formare questi stessi fedeli, sono poi pastori che a loro volta preferiscono il mare all’altare, stiamo freschi; e in tutti i sensi, anche se purtroppo la cosa è ben poco consolante.
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