Sul Timone di luglio/agosto il dossier dedicato allo sbarco sulla Luna, con due racconti inediti di Silvana De Marie e Mirko Volpi, di seguito proponiamo un altro racconto inedito che offriamo ai lettori del nostro sito web.
“Vieni?”
La donna fissa la mano protesa verso di lei con schifo, senza alzare gli occhi. Tiene le braccia conserte sotto il seno. Poi volge lo sguardo oltre la pista da ballo, su nel cielo. L’orchestra sta per attaccare un altro pezzo.
“Amore…” insiste lui. “Ti prego”.
Vittorio cerca il suo sguardo. Sa che se incrocerà i suoi occhi, Susanna finirà col perdonarlo ancora. Ma sa anche che una parte di lei non vuole. Non la biasima. Se fosse un uomo tutto d’un pezzo la lascerebbe andare a qualcuno di migliore. Ma lui non è un uomo tutto d’un pezzo. Qualcosa in lui è rimasto spezzato, a metà. Come quello spicchio di luna in alto nel cielo. Lo vede seguendo lo sguardo della moglie. In guerra guardava spesso la luna, pensando a lei.
Da quando è tornato, con i suoi incubi e le sue grida nel cuore della notte, Susanna è l’unica in grado di calmarlo. Lei è stata il suo respiro, dopo un tempo infinito in cui ha trattenuto il fiato. Un respiro che lui in tanti anni ha sporcato col puzzo d’alcool e con l’odore di altre donne. Perché i ricordi sono sempre troppi, furiosi, e niente li quieta fino in fondo. Nemmeno lei. Eppure, sa di amarla. Anche adesso che l’ha tradita di nuovo.
Glielo ha detto ora che è sobrio, per evitare una scenata. Glielo ha detto e ora la invita a ballare, come se niente fosse. Un uomo a metà. Un mezzo uomo. Questo è.
“Sono incinta”. Le parole arrivano come uno schiaffo. Si volta di scatto e prima che abbia il tempo di capire, lei si è alzata e ora stanno già ballando. Il corpo di Vittorio si muove da solo, mentre guarda dritto davanti a sé. Ora è lui a temere i suoi occhi.
A un tratto tutto il suo universo è in quei pochi centimetri di seta, taffetà e carne che sente premere contro il suo addome: lì avvolto in uno scrigno, il suo bimbo vive già. A quarantun’anni…
Un miracolo che non merita. “Prometto” inghiotte. “È l’ultima volta”. Lei si asciuga in fretta una lacrima. “Dovrà esserlo” dice. “Domani andiamo dal medico”. L’uomo guarda lo spicchio di luna in alto nel cielo. “Prometto” ripete. Il medico non è per il bambino.
Mentre corre a piedi scalzi verso il salotto, Vittorio sente la canottiera appiccicata al corpicino della figlia. Il caldo li ha raggiunti fino in montagna, dove si rifugiano da sempre, d’estate. Susanna è seduta sul divano, in camicia da notte. Il suo profilo è una silhouette di luce nel riverbero del televisore. “Era sveglia?” chiede voltandosi. “Quasi” dice lui con un sorriso, affondando nei cuscini.
“A che punto sono?” mugola la piccola.
“Stanno per aprire il portello” dice la madre.
La bambina solleva la testa dalla spalla di lui e si volta a guardare. “Ma è proprio tutto vero, papà?”
“Sì, tesoro”.
“Quindi è così che è fatta? Quello che non si vede?”
“Pare di sì”.
Nessuno parla più per un po’, mentre assistono ipnotizzati.
“È bellissima” dice a un tratto la piccola. Ed è il commento più eloquente a quel momento.
Per la prima volta che un essere umano sta camminando sulla Luna. Vittorio guarda la figlia, ora sveglia e ritta come un fuso in mezzo a loro, che fissa lo schermo. Poi guarda sua moglie.
“Sì, lo è” dice, commosso.
Susanna si volta e gli sorride.
“Un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’umanità” sta dicendo il traduttore, ripetendo una frase dell’astronauta.
Vittorio prende la sua mano e insieme la poggiano sulla schiena della piccola. Susanna sospira.
Già. Anche per loro è stato così.
Stress post traumatico, aveva detto il medico. Le prescrivo delle gocce, tutti i giorni. Poche gocce. Un piccolo passo. E tutto era cambiato.
Gli incubi si erano fermati, i ricordi non lo tormentavano più. Niente più alcool, o sesso per stordirsi, per fuggire.
Ancora una volta lei lo aveva salvato. Era per quello che lo perdonava sempre. Lei sapeva.
La finestra è aperta. L’uomo vede fuori la Luna a metà che illumina le cime lievi e per la prima volta vede i contorni della parte in ombra.
Come lei, anche lui non era davvero a metà: aveva solo perso nel buio una parte di sé. Susanna era stata l’unica a riuscire a guardare in quel buio, per riportarlo alla luce.
L’unica che aveva saputo camminare dove nessun’altro era mai arrivato.
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