Pubblichiamo un passaggio della Lettera pastorale 2018/2019 che il vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Aldo Cerrato, ha inviato alla sua diocesi lo scorso 25 novembre.
La liturgia è dono. Al primo posto non c’è la nostra azione, ma l’azione di Dio. Il suo scopo primario è permettere l’esperienza del mistero, e la partecipazione attiva – del sacerdote che presiede e dei fedeli – si attua, in primo luogo, nell’accogliere nella fede l’azione di un Altro, che è il vero Protagonista. Questa è la convinzione che sorregge la partecipazione autenticamente attiva di tutti, ed anche la norma che il Concilio fissa con chiarezza – «nessuno, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica» (S.C. 22) – risponde al fatto che prima di essere opera umana, la Liturgia, come la Chiesa ce la consegna, è azione di Dio.
La partecipazione attiva – insegna il Concilio – è «sia interna che esterna»: «le acclamazioni, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo», senza dimenticare «anche un sacro silenzio» (S.C.30) sono vere e fruttuose se non manca un attivo ascolto della Parola, la cui proclamazione è un rito sacramentale che costituisce una reale presenza del Risorto che parla ai suoi discepoli; se non manca – in comunione con il sacrificio di Cristo – l’offerta della vita poiché è essa «il culto spirituale gradito a Dio» (Rm.12,1), la logiké thysía, ragionevole sacrificio con cui ogni fedele esprime nella forma più vera il suo essere partecipe della Liturgia che si celebra. Solo un’autentica interiorizzazione garantisce la verità dei gesti esteriori di partecipazione.
A questa luce si comprende l’invito pressante rivolto ai Pastori affinché si lascino «impregnare, loro per primi, dello spirito e della forza della liturgia» per diventarne «maestri con la parola ma anche con l’esempio» (S.C.14), consapevoli che è su questo piano che si realizza davvero la attiva partecipazione. (…)
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