di padre Angelo
su «Amici domenicani»
1. La grazia non è una pura benevolenza esterna di Dio, ma una realtà soprannaturale che inerisce ontologicamente nell’anima e trasforma l’uomo così da renderlo da ingiusto giusto, da nemico amico, da peccatore santo.
La grazia non consiste semplicemente nella copertura dei peccati, come dicono i protestanti. Ma attua una trasformazione interiore nell’uomo, nello stesso modo in cui i malati guariti da Cristo non ebbero semplicemente la copertura del male, ma la sua eliminazione.
2. Secondo San Paolo la grazia è “nuova creazione” (“paliggennesia”, 2 Cor 5,17; Tt 3,5). È una partecipazione e un’irradiazione della vita divina in noi.
Per mezzo di questa grazia l’uomo diventa “un uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,24).
Un’immagine che può spiegare questa trasformazione: come il ferro sotto l’azione del fuoco ne viene compenetrato e diventa incandescente e capace di compiere le attività tipiche del fuoco, così l’uomo per mezzo della grazia partecipa della luce e della vita di Dio, viene compenetrato della sua presenza e gli diventa intimo e amico.
3. Nello stesso tempo è messo in grado di pensare come pensa Dio (fede), di agire con la forza di Dio (speranza), di amare come ama Dio (carità) e di avere addirittura un’istintualità divina nel proprio agire (doni dello Spirito Santo).
Per questo si dice che la grazia santificante è il principio vitale remoto, cioè è quello che dà la vita.
Ma questa vita viene esercitata mediante l’attività delle virtù infuse (teologali e morali), e dei doni dello Spirito Santo (principio vitale prossimo).
4. Queste operazioni divine o teologali fluiscono dalla nuova natura di cui si è resi partecipi.
E poiché queste operazioni nel credente sono abituali, San Tommaso scorge fra la grazia e le virtù infuse e i doni il medesimo rapporto che c’è tra l’anima e le sue facoltà operative.
Le facoltà operative dell’anima sono l’intelletto e la volontà nella sfera intellettiva e dai sensi interni ed esterni nella sfera sensitiva.
Scrive: “Come dall’essenza dell’anima emanano le sue facoltà, che sono i principi degli atti, così dalla grazia emanano nelle varie facoltà dell’anima le virtù, che muovono le facoltà all’atto” (Somma teologica, I-II, 110, 4, ad 1).
5. Sulla necessità di principi operativi nuovi, stabili e soprannaturali, quali sono le virtù teologali e i doni dello Spirito Santo, dice che “non è ragionevole che Dio provveda meno a coloro che ama in vista di un bene soprannaturale che alle creature che ama in vista di un bene naturale” (Somma teologica, II-II, 110, 2).
Pertanto se alle creature di ordine naturale Dio provvede donando organismi e facoltà mediante i quali in maniera stabile possano attendere con naturalezza ai propri obiettivi, “a maggior ragione egli infonde in coloro che muove al conseguimento di un bene soprannaturale delle forme o qualità soprannaturali mediante le quali li muove a raggiungere i beni eterni con soavità e prontezza” (Ib.).
6. Si delinea così l’organismo soprannaturale che caratterizza la vita dei figli di Dio. Esso è costituito dalla grazia santificante, che viene infusa “nell’essenza dell’anima e la perfeziona in quanto le dona un certo essere spirituale, e la rende mediante una certa assimilazione consorte della natura divina (2 Pt 1,4)” (San tommaso, De Veritate, 27, 6).
Essa è in noi la sorgente di santificazione e mette in grado di compiere azioni ordinate al fine della vita eterna, ma è ancora un principio di vita e di operazione radicale e remoto, non immediato e prossimo.
Gli scolastici dicono che la grazia è un habitus entitativo, mentre le virtù e i doni sono habitus operativi.
La grazia è come la radice e il tronco dell’albero, mentre le capacità operative (virtù e doni) sono i rami.
7. Risulta più chiaro allora quanto dice il Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito dell’organismo della vita soprannaturale del cristiano (CCC 1266):
“La Santissima Trinità dona al battezzato la grazia santificante, la grazia della giustificazione che
– lo rende capace (principio vitale remoto, n.d.r.) di credere in Dio, di sperare in lui e di amarlo per mezzo delle virtù teologali;
– gli dà la capacità di vivere e agire sotto la mozione dello Spirito Santo per mezzo dei doni dello Spirito Santo;
– gli permette di crescere nel bene per mezzo delle virtù morali (principio vitale prossimo, n.d.r.)” (CCC 1266).