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La giornalista e scrittrice americana Emily Stimpson, che l’Eucarestia ha guarito dall’anoressia
NEWS 29 Marzo 2017    

La giornalista e scrittrice americana Emily Stimpson, che l’Eucarestia ha guarito dall’anoressia

La giornalista Emily Stimpson è una apprezzata scrittrice americana, autrice di un un blog intitolato The Catholic Table, dove si trovano ricette culinarie e racconti di vita.

Il rapporto con il cibo è però stato molto conflittuale per lei, che per un lungo periodo è stata vittima dell’anoressia, incapace di superarla. Recentemente Emily ha raccontato di soffrire di questa malattia da quando aveva 16 anni, nessun medico è mai riuscita ad aiutarla. «Odiavo il mio corpo, mi sentivo grassa e vedevo il cibo come un mezzo per controllare il mondo», ha ricordato. «La mia battaglia con il cibo era un’aggrovigliamento di insicurezze e ansietà, situazione aggravata da una visione materialistica dell’universo».

Era cresciuta come cattolica, ma come gran parte delle persone se ne era disinteressata, abbagliata da richiami più mondani. I pensieri distruttivi che continuamente le venivano, «il mio corpo è un problema, il cibo è il nemico», l’hanno spinta però ad andare oltre la superficie, cercando risposte anche esistenziali sul suo essere al mondo. Ed il tutto nasce, come sempre, da un incontro umano, mai da un ragionamento o una idea personale. «Dopo sei lunghi anni che non entravo in chiesa», ha infatti ricordato, «un collega mi ha aiutato a trovare la mia strada verso casa. Era la Messa, dove ho ricevuto Cristo come cibo. Il pane è diventato il corpo. Il vino è diventato il sangue. Questo è stato il rapporto più intimo che ho avuto con Lui. Fu così che ha realmente dato la sua vita per me».

La giornalista si è infatti accorta che accostandosi giorno dopo giorno all’Eucarestia, durante la celebrazione della Messa, essa diventava anche una terapia efficace verso l’anoressia. «Ho trascorso mesi ad andare a Messa ogni giorno, sapendo che la risposta doveva essere lì, anche se non riuscivo a capire il perché. Ho iniziato spontaneamente ad informarmi, sul catechismo e sulla fede cattolica».

Nessuna magia, semplicemente la conversione ha cambiato il modo di guardare il mondo e se stessa: «prendere l’Eucarestia ha contribuito a modificare il modo di vedere il mio corpo e la mia vita», ha spiegato. «Mi sono vista come immagine di Dio, il mio corpo come tempio dell’anima, luogo di cui dovevo prendermi cura. Ho iniziato ad apprezzare le mie curve femminili come segno fisico della mia anima femminile. L’Eucaristia ci nutre con la vita di Dio, ci rafforza nei momenti di prova, ci conforta nei momenti di dolore, guarisce le ferite e ci riempie della gioia di Cristo. Tutto quello che potevo fare era cadere in ginocchio in segno di gratitudine e ammirazione per Lui».

Una bella e fresca testimonianza del fatto che la partecipazione alla Messa e l’accostamento al sacramento dell’eucarestia non sono semplici riti sociali, come ritengono gli antropologi. Per noi cattolici è il più potente gesto con cui Gesù letteralmente assimila a sé, anche fisicamente, i suoi, anche in questa terra. L’Eucarestia, ha scritto il benedettino Royo Martin, «è l’inizio di una comunione con Lui sia fisica che spirituale, cioè totale. Il lavoro della vita è far vivere quella Carne e quel Sangue nel proprio sangue e nella propria carne» (R. Martin, Teologia della perfezione cristiana, Paoline 1987, p. 541). Quello che è riuscita a fare Emily Stimpson, divenendo, grazie alla sua malattia, testimonianza per tutti.