Alla fine ad aver vinto, seppur di misura, sono stati i socialdemocratici della Spd, guidati da Olaf Scholz: con il 25,7% dei voti hanno infatti scalzato l’Unione Cdu-Csu (24,1%), riuniti sotto il nome di Armin Laschet. A seguire, con percentuali più distaccate ma, data la panoramica, non così irrilevanti del sentire popolare, si sono piazzati i Verdi (14,8%), i liberali di Fdp (11,5%), la coalizione di destra AfD (10,2%) e i radicali di Linke (4,9%).
È la fine dell’era Merkel, hanno strillato i media di tutto il mondo, vedendo la disfatta dell’Unione, che aveva conquistato le ultime quattro elezioni politiche sotto la guida della cinica “Mutti” Angela, che dal 2005 ha guidato la Germania con forte stabilità politica interna – tra molti silenzi e poche parole molto studiate -, l’ha risollevata sotto il profilo economico ed è riuscita a porla a Dominus politico dell’Europa, con quanto questo ha comportato di negativo per i Paesi “rivali” che, seppur in misure diverse, sono stati fagocitati da questa egemonia.
Ma in realtà i risultati delle elezioni, con il partito con maggiori votazioni che arriva a malapena a rappresentare il sentire di un tedesco su quattro – e quindi con un evidente problema per il Bundestag nel nominare un Cancelliere federale, una volta che sarà stata stabilita la coalizione di governo -, rimandano una frammentazione che è innanzitutto sociale e anagrafica: le persone più anziane sono rimaste più attaccate all’Unione, mentre i giovani si sono rivolti a voci “nuove”, seppur comunque in larga maggioranza di stampo moderato.
COSA SUCCEDERÀ?
La politica interna tedesca dovrà dunque iniziare a fare i conti – come noi italiani sperimentiamo da anni ormai – con una frammentazione che comporterà una (continua) ricerca di delicati equilibri. Ad oggi, riporta Scenari Economici, l’alternativa più probabile è quella cosiddetta del “semaforo”, rosso (Spd), verde (Greens) e giallo (Fdp), che guadagnerebbe una maggioranza governativa del 56,6% ma che contempla un’unione sulla carta assai problematica tra verdi e liberali. E lo stesso si può dire se al posto del partito di Scholz vi fosse quello “nero” trainato da Laschet, nello scenario denominato “Giamaica” per il richiamo ai colori di tale bandiera.
Di contro, tuttavia, un’unione rosso-nera, cosiddetta “Grosse Koalitione”, appare assai improbabile, perché significherebbe, per i socialdemocratici, cedere parte del terreno così difficilmente conquistato.
Insomma, la partita è, ad ora, completamente aperta.
Accanto a questo, è evidente che le elezioni tedesche provocheranno degli scossoni anche in Europa, soprattutto se la Cdu finisse per rimanere esclusa dalla maggioranza: è infatti evidente che la super-potenza tedesca, seppur ben installata in posizioni burocratiche di vertice, declinerà, e che questo da un lato comporterà che parte del “potere” nero-rosso-giallo passi nelle mani di altri Paesi e dall’altra un avvicinamento, e conseguente rinvigorimento, di quei gruppi europei più conservatori e sovranisti.
IL COMMENTO DEL FRONTE CATTOLICO TEDESCO
Per Ulrich Hemel, presidente dell’Associazione degli imprenditori cattolici (Bku), intervistato dal Tagespost, il quadro che hanno rimandato le elezioni rispecchia nel contempo una voglia di stabilità e di cambiamento. E, sotto il profilo puramente economico, vede di buon occhio sia un governo “giamaicano”, sia un “semaforo”.
Anche Alexandra Maria Linder, presidente del Bundesverband Lebensrecht, una fusione di organizzazioni tedesche per il diritto alla vita, non legge in maniera negativa i risultati emersi, in quanto, riporta sempre il media cattolico tedesco, «la costellazione eticamente più discutibile, rosso-verde, che, tra l’altro, ridefinirebbe all’unanimità l’aborto come servizio sanitario pagato dalle compagnie di assicurazione sanitaria e abolirebbe la libertà di coscienza per il personale medico, non ha trovato la maggioranza». Sulle alleanze di governo che emergeranno nei prossimi giorni, il giudizio è sospeso.
I prelati tedeschi, dal canto loro, hanno focalizzato la propria attenzione essenzialmente sulla buona affluenza alle urne, segno, ha sottolineato l’arcivescovo di Amburgo Stefan Heße, di «un rafforzamento della nostra società democratica».
Sbilanciandosi un po’ di più, Karl Jüsten, capo dell’Ufficio cattolico del governo federale, ha dichiarato alla Kna che, a suo avviso, «non ci saranno cambiamenti nel rapporto tra Stato e Chiesa nelle possibili costellazioni», anche se, «in un’ottica di tutela della vita, un’eventuale coalizione senza l’Unione potrebbe portare a modifiche del divieto di pubblicità sugli aborti».
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