Che la fede sia un antidoto contro le corna, quelle del diavolo s’intende, è cosa risaputa. Non c’è rimedio migliore, non ci piove. Meno chiaro, invece, è se l’affidarsi a Dio possa sortire effetti preventivi anche contro altre e più laiche corna, ossia quelle con cui si è soliti indicare volgarmente l’infedeltà di coppia. Per vederci chiaro, tre studiosi – Jeffrey Dew, docente alla School of Family Life della Brigham Young University, aiutato da due allievi dell’istituto, Matthew Saxey e Jolyn Schraedel – si sono messi all’opera con una piccola indagine, culminata nella pubblicazione, sul sito dell’Institute for Family Studies, di un intervento dal titolo eloquente: «Does Religiosity Protect Against Infidelity?».
Per cominciare, questi autori hanno ricordato come di solito iniziano le relazioni extraconiugali, ossia raramente un giorno all’improvviso; al contrario, dice la ricerca, trattasi di esperienze che maturano nel tempo, che spesso iniziano con casi di infedeltà relazionale «minore», nel senso che non sfociano in incontri sessuali, ma albeggiano con apparentemente innocenti flirt, contatti sui social media con ex partner oppure l’utilizzo di pornografia. In altre parole, si arriva al tradimento quasi mai per caso ma perché esposti a quelle che, in altri tempi, si sarebbero pacificamente chiamate tentazioni.
Ebbene, a partire da queste premesse e dai dati raccolti attraverso iFidelity – indagine demoscopica realizzata alla fine del 2019 su un campione di nazionale di persone, interpellati sui loro atteggiamenti e comportamenti nella coppia e non solo -, Dew, Saxey e Schraedel hanno provato ad incrociare l’attaccamento alla religione con le precedenti esperienze di tradimento coniugale.
Ora, ciò che in breve è emerso è che, se da un lato non sempre la religione protegge dall’infedeltà – quando il coinvolgimento religioso è blando o solo formale, i benefici dello stesso sono irrilevanti -, dall’altro, quando invece la fede risulta essere «molto importante» nella vita di una persona, la musica cambia. E le corna, da cui siamo partiti, si fanno qualcosa di molto più raro. Merito delle preghiere e dell’aiuto divino? Senz’altro. Ma, sempre stando a quanto messo in luce dagli studiosi delle Brigham Young University, larga parte della spiegazione di questo effetto protettivo è indiretta ed empiricamente misurabile. Più precisamente, consiste nella minor esposizione, in chi ritiene la religione «molto importante», al consumo di pornografia e a flirt da cui poi possano scaturire relazioni che minino il matrimonio.
Non è insomma la fede astrattamente intesa, bensì ciò che viverla comporta, a frenare i tradimenti. In effetti, questa ricerca – che in realtà non è isolata nel suo campo, ma va a rafforzare evidenze precedenti – trova una conferma, sia pure indiretta, anche nel fatto che le famiglie religiose sono quelle meno esposte al divorzio. Perché marito e moglie, prima di lasciarsi, ci pregano sopra tre volte, senza dubbio; ma anche perché, numeri alla mano, semplicemente sono l’uno rispetto all’altra maggiormente fedeli rispetto all’andazzo generale. Insomma, il «finché morte non ci separi», per chi ci crede, non è affatto solo un rituale impegno nuziale.
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