Se è vero, come scriveva Chesterton, che «ogni generazione viene convertita dal santo che più la contraddice», i nostri tempi sazi e disperati possono trovare un formidabile antidoto nella “febbre di vita” del servo di Dio Enzo Piccinini. E mentre la fama di santità del chirurgo modenese, per anni dirigente del movimento di Comunione e Liberazione, si diffonde per quello stesso informale passaparola che in questi anni ha fatto conoscere altre fiammeggianti figure (da Chiara Corbella a Giulia Gabrieli, da Carlo Acutis a Chiara Badano), anche la Chiesa si appresta ormai a fare passi importanti. Probabilmente decisivi.
«È l’inizio di un cammino che proseguirà», aveva detto il 26 maggio 2019 monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, accogliendo l’istanza di beatificazione presentata dalla Fondazione Piccinini. L’arcivescovo è stato di parola: oggi, nel duomo di Modena, città dove Enzo Piccinini abitava con la sua famiglia, l’apertura dell’inchiesta informativa diocesana si concretizzerà prima con il giuramento dei membri del tribunale ecclesiastico e poi con la raccolta delle testimonianze sul servo di Dio. Per la postulatrice Francesca Consolini si tratta di «un passaggio fondamentale […] della Causa, nella quale si raccolgono le prove testimoniali e documentali a sostegno della dimostrazione della pratica delle virtù cristiane del Servo di Dio, nonché della sua fama di santità».
Un prezioso speciale televisivo
Intanto, ufficiosamente, molte testimonianze colme di gratitudine stanno già circolando (poteva non essere così per un uomo al cui funerale settemila persone hanno fatto corona affollando San Petronio e la piazza antistante?). La giornalista Michela Conficconi, per esempio, ha confezionato uno speciale televisivo particolarmente denso, in cui, oltre a raccontare alcune opere nate dalla passione educativa di Enzo Piccinini (tra queste la cooperativa “La Carovana”, all’origine di scuole libere che oggi arrivano ad accogliere 900 bambini e adolescenti), contiene testimonianze fortissime che si intrecciano misteriosamente alla sua figura.
Come quella di Samuele Lucchi, colpito nel 2012 da due aneurismi cerebrali, a cui – alla vigilia di una delicatissima operazione chirurgica – un amico porta una camicia indossata da Enzo Piccinini. La perizia dei medici (già stupiti dall’inconsueto e totale assorbimento di un’emorragia scoppiata proprio alla vigilia del difficile intervento), la preghiera di una compagnia di amici e la reliquia del servo di Dio (in un ordine di efficacia che non è ancora dato conoscere), hanno fatto sì che l’uomo potesse uscire dalla fase critica della sua malattia. Arrivando addirittura – a fronte di un progressivo miglioramento – a raggiungere la vetta del Monte Bianco, in una salita tutta vissuta all’insegna della gratitudine verso gli amici Giussani e Piccinini (l’intera vicenda è stata descritta da Samuele Lucchi in un libro edito da Itaca, Chicchi di riso sul Monte Bianco).
«Ho sognato Enzo e ora mi sento abbracciato»
Gabriele Alessandri – padre di Nicodemo, bimbo di quattro anni nato con la sindrome di Down e un grave problema cardiaco, a cui si è aggiunta, imprevista, una rara malattia ai polmoni – racconta di aver sognato di un uomo sconosciuto che si presenta a lui con queste parole: «Ciao Gabriele, ti stavo aspettando». Dopo essere stato rassicurato sul fatto che tutto sarebbe andato bene ed essersi sentito spronare ad avere fede, per via di alcuni interventi pubblici di Piccinini presenti su YouTube, Alessandri è riuscito a scoprire a chi apparteneva la paterna figura apparsagli in sogno il 26 gennaio 2020. «Da quando ho sognato Enzo», racconta il padre del piccolo Nicodemo in Tracce d’infinito (questo il titolo dello speciale che l’emittente emiliana èTV ha dedicato al servo di Dio), «ho il cuore più leggero, mi sento abbracciato, non mi sento più solo, so che c’è una mano dall’alto che ci aiuta e ci accompagna».
Anche Silvia Mori si dice «certa della mano di Enzo» quando racconta del terribile incidente in bici accaduto a Paolo, figlio di soli 10 anni. Un incidente per il quale i medici hanno da subito evitato di dare speranze. Questo il racconto di Silvia Mori: «Insieme alla Comunità, abbiamo subito pregato Enzo. La mattina dopo Paolo si è risvegliato dal coma in maniera inspiegabile, senza riportare nessun danno. A detta dei medici è stata una cosa impossibile, tanto che il referto del neurologo dell’ospedale Meyer di Firenze riporta la dicitura: “Lo stato in cui dimettiamo Paolo è incompatibile con quello in cui è stato prelevato dal 118 in urgenza”. Sicuramente Enzo ci ha aiutato».
L’impagabile “discernimento sartoriale” di Piccinini
Per Enzo Piccinini decisivo fu l’incontro con don Giussani. Se questi andava ripetendo a tutti che nella vita esiste una sola decisione importante, quella di vivere per Cristo o per altro, nel suo amico Enzo la scelta era autoevidente. In tutto, anche nella prossemica. «Enzo era un uomo sempre “acceso”, continuamente proteso verso quello che stava facendo, anche fisicamente; quando entrava in un salone era quasi sbilanciato in avanti. Era chiarissimo, anche solo guardandolo, che lui voleva per sé ardentemente un solo stato di vita, quello di Cristo; un’azione, quella di Cristo; un pensiero, quello di Cristo», così Elisabetta Buscarini, primario dell’Ospedale Maggiore di Crema, in una Tavola rotonda trasmessa da Radio Maria dedicata al servo di Dio.
«Era per natura missionario, non poteva fare a meno di annunciare, ma nello stesso tempo era libero rispetto alle scelte delle persone che guidava», ha continuato la Buscarini, «ci sfidava ad essere adulti. Nei colloqui riservati non dava mai soluzioni “teologicamente corrette”, il suo era un discernimento sartoriale. Vedeva i tuoi talenti prima che potessi vederli tu. Parlare con lui ti costruiva e ti convertiva, gli sarò debitrice a vita, ho una sua foto nell’armadietto dell’ospedale e lo prego ogni giorno».
«Ho fatto tutto per essere felice»
Marco Bardazzi, giornalista elegante e rigoroso, nel 2021 ha dato alle stampe un autentico caso editoriale, con una prima edizione andata esaurita prima che il libro venisse stampato, e che ad oggi è forse il modo più completo per conoscere la vita luminosa e sovrabbondante del chirurgo emiliano. In Ho fatto tutto per essere felice. Enzo Piccinini, storia di un insolito chirurgo (BUR), forte di una scrittura cristallina, che acquista forza nella volontà di mettersi a servizio di una storia già incandescente, Bardazzi racconta le tante vite di un uomo letteralmente divorato dalla passione per la Verità; ossessionato dall’intensità di qualsiasi gesto e azione; animato da un ardore paolino lontano anni luce da ogni calcolo umano. Tanto da arrivare a dire, in uno strepitoso omaggio a un Vangelo sine glossa, che «non c’è niente di più anticristiano di chi cerca di mettersi a posto la vita». (Foto: Screenshot Fondazione Enzo Piccinini, YouTube)
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