A passeggiare con Benedetto XVI nel pomeriggio, lungo la collina della residenza Mater Ecclesiae o nei Giardini Vaticani durante il suo pontificato, pregando spesso il Rosario nel pomeriggio, erano le persone che il papa emerito definiva la sua “famiglia”. Le cinque donne che si sono riunite intorno alla salma di Benedetto e poi lo hanno seguito fino alla basilica, erano la sua segretaria, Birgit Wansin – nota per essere una delle poche persone in grado di decifrare la piccola calligrafia di Benedetto – e le quattro laiche consacrate di Memores Domini, Cristina, Carmella, Loredana e Rosella.
Le Memores Domini, membri di Comunione e della Liberazione, erano per Ratzinger una famiglia insieme all’arcivescovo Georg Gänswein, suo segretario personale durante il papato e dopo. Le Memores Domini non hanno mai attirato l’attenzione su di loro. Molti ne hanno sentito parlare per la prima volta solo nel 2010, quando Manuela Camagni, una di loro, è rimasta uccisa in un investimento stradale. Le decisioni delle persone che attorniano un papa fanno da specchio al suo pontificato.
Storicamente, la famiglia papale era composta da sorelle religiose, ma più alla maniera di domestiche che di familiari. Fu san Giovanni Paolo II a cambiare direzione, portando a Roma le stesse sorelle polacche che si prendevano cura della sua famiglia a Cracovia. Per il cardinale Joseph Ratzinger fu diverso: quando arrivò a Roma era stato arcivescovo per meno di cinque anni. La sua “famiglia” era composta dalla sua sorella di sangue, Maria, che non si sposò mai e dedicò la sua vita al sostegno del fratello.
Avrebbe potuto scegliere un ordine religioso, magari le suore tridentine, così da cantare l’Ufficio delle Letture in latino giorno e notte. Eppure Ratzinger preferiva una dinamica familiare, e così cercò le donne consacrate dei nuovi movimenti della Chiesa, che erano centrali nella vita di Ratzinger. Cercò una comunità che lo accompagnasse. Quando negli anni Settanta lui insieme ad altri lanciarono Communio, importante rivista teologica, l’edizione italiana fu affidata ai brillanti teologi di Comunione e Liberazione, tra cui il futuro cardinale Angelo Scola.
Nel suo libro Luce del mondo, Benedetto descrisse la sua vita familiare: «Festeggiamo il Natale insieme, ascoltiamo la musica delle vacanze e ci scambiamo regali. Si celebrano i giorni di festa dei nostri santi patroni e occasionalmente cantiamo anche la preghiera serale insieme. Quindi celebriamo le feste insieme. E poi, oltre ai nostri pasti comuni, c’è soprattutto la Santa Messa al mattino. Questo è un momento particolarmente importante in cui siamo tutti insieme in modo particolarmente intenso alla luce del Signore».
Questa sua scelta rivela un aspetto chiave dell’approccio pastorale di Ratzinger. Mentre cercava di preservare le verità della Rivelazione, aveva intravisto nei nuovi movimenti la freschezza e lo zelo che le più antiche burocrazie avevano perso. «Ecco qualcosa che nessuno aveva pianificato», disse il cardinale Ratzinger nel 1998, «lo Spirito Santo, per così dire, aveva parlato di nuovo per se stesso». Da qui la novità di scegliere come sua famiglia i Memores Domini di Comunione e Liberazione. Il Santo Padre si univa ai loro incontri settimanali di “scuola di comunità”, dove il teologo più dotto e predicatore ascoltava attentamente le riflessioni delle donne della sua famiglia. Questo prova la sua straordinaria umiltà: scegliere una vita di devozione spirituale tutt’altro che solitaria. Benedetto scelse un modello sorprendentemente contemporaneo e innovativo.
I nuovi movimenti hanno una dinamica più familiare rispetto agli ordini religiosi, anche perché tendono a includere insieme il clero e i laici. Benedetto XVI scelse un modello sorprendentemente contemporaneo.Oggi la sua famiglia non lo piange come papa defunto, ma come un fratello. (Fonte) (Fonte foto: Facebook)
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