Il 26 dicembre è tradizionalmente S. Stefano. E’ il giorno dopo Natale. E’ intimamente legato al Natale. Indipendentemente e indifferentemente dal giorno della settimana, quel giorno è uno dei pochi giorni che ha un nome e un cognome, Santo Stefano, primo martire. Per la Chiesa, in questo giorno, si ripropone l’urto del conflitto pasquale “morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”.
Dopo la nascita di Cristo, si celebra la morte violenta di Stefano, primo diacono. Il calendario liturgico è, per i cristiani, un pedagogo lungo il tempo. Così, attraverso quel giorno, essi vengano richiamati a scrollarsi di dosso il sentimentalismo natalizio del “siamo tutti più buoni”. S. Stefano è, infatti, la presa di coscienza che quel bambino è sì generatore di stupore e di letizia prima di tutto perché viene a salvarci, ma allo stesso tempo è motivo di odio e di avversione ideologica.
A questo proposito, è molto esplicita la vicenda natalizia quando racconta che, a causa di Cristo, nel tentativo di colpire lui, moriranno, per volontà esplicita di Erode, tutti i bambini betlemiti da due anni in giù.
La ricorrenza dei Santi Innocenti, il 28 dicembre appartiene a quella sapienza pedagogica attraverso cui il credente è condotto giorno per giorno. La ricorrenza di S. Stefano, così adagiata sulla data di Natale, è particolare perché il diacono martire muore senza aver mai conosciuto Cristo. O meglio lo ha conosciuto, ma non nella sua presenza secondo la carne, ma nella sua presenza attraverso i suoi discepoli. Dunque, la sua morte è segno di una ferocia che colpisce non solo Cristo, ma quanti sono di Cristo. Allora, come oggi. Ci ricorda la persecuzione dei cristiani e della Chiesa a motivo di Cristo. In questo tempo, particolarmente violenta in India, in Birmania…anche se nessuno ne parla e chissà in quante altre parti del mondo.
Ma come non ricordare la politicamente corretta Europa così impegnata nella lotta al Covid e al Natale di Gesù Cristo, come un virus pestilenziale, gentilmente da eliminare.
In questo anno, tuttavia, la festa di S. Stefano in realtà non si celebra perché cade in domenica che liturgicamente parlando prevale sulla festa di qualsiasi Santo e quella attuale è, per giunta, la Domenica della Sacra Famiglia.
Il Natale è la festa della nascita di Gesù Cristo, ma è anche la festa di un uomo e una donna che gioiscono e piangono per la contentezza di essere divenuti padre e madre. Il protagonista è lui, così come si festeggia il compleanno di una persona. Eppure, i protagonisti sono, non di meno, quei due sposi pervasi da un’immensa gratitudine per essere chiamati genitori e custodi di una vita, ancora piccola, ma destinata a chissà quale disegno.
La festa della Sacra Famiglia sovrapponendosi, oggi, a quella di S. Stefano ci ricorda due cose:
Sia per le forme di attacchi esterni che ne fanno il luogo contro cui si accanisce maggiormente il diavolo; sia perché custodire la fedeltà coniugale e rinnovarne l’amore è il martirio quotidiano degli sposi.
La Chiesa ha bisogno di sposi che nella loro domestica condizione la facciano rinascere continuamente.
Non c’è avventura più grande che due giovani innamorati possano intraprendere di quella di costituire una famiglia. E non c’è coraggio intrepido di cui la Chiesa abbia più bisogno di chi sceglie il matrimonio e lo difende come il bene più prezioso. Nella famiglia, Dio ha messo tutto ciò che E’. Per questo ogni famiglia è sacra. Per questo non c’è luogo migliore dove potesse nascere la Salvezza.
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