Pubblichiamo la conclusione di un intervento del 2002 dell’allora arcivescovo di Bologna, per riflettere anche sull’attualità
di Giacomo Biffi
(…) Parte eminente e caratterizzante della “cultura cattolica” [è] una antropologia tipica e inconfondibile. E’ un’antropologia che certo potrà anche almeno parzialmente convenire con ogni altra attenzione umanistica, purché questa sia sana e fondata sui reali valori – dovunque si trovino – di verità, di giustizia, di bellezza, dei quali l’animo umano si nutre e si adorna: coi quali, possiamo dire, “si coltiva” (come già aveva intuito il mondo classico). Ma non potrà mai identificarsi o anche solo assimilarsi a nessuna visione dell’uomo che effettivamente contraddica o si distacchi dall’ “archetipo” di ogni umanità, che è “l’uomo Cristo Gesù” (cfr. 1 Tm 2,5).
Proprio l’esistenza di questo “archetipo” consente e impone di difendere l’uomo da ogni manipolazione e da ogni asservimento, e arruola ogni credente a combattere ogni attentato all’immagine viva di quel Signore dell’universo, nel quale siamo stati progettati.
(…) Cultura” è tutto ciò che è espresso da una determinata gente e da essa riconosciuto come proprio: la mentalità, le istituzioni, le forme di esistenza e di lavoro, le consuetudini, i prodotti dell’ingegno e dell’abilità manuale. In questo senso si può parlare di “cultura africana”, “cultura contadina”, eccetera.
Esiste una “cultura cattolica” intesa così? Esiste, perché esiste e deve esistere un popolo cattolico, con buona pace di chi ritiene che una cristianità non ci sia più e non ci debba essere. La cristianità odierna potrà anche essere di minoranza, diversamente da quella di qualche secolo fa, ma non per questo deve essere meno vivace e meno inequivocabilmente caratterizzata. E non potrà mai delinearsi come realtà priva di continuità nel tempo, senza premesse e senza radici; né come qualcosa di puramente intellettuale, senza manifestazioni socialmente rilevabili. Ciò che non è socializzabile, e non diventa mai socializzato, a poco a poco perde di rilievo nella consapevolezza delle persone semplici e comuni; e alla fine si estingue.
Del resto, anche l’atto di fede – per intrinseco dinamismo – chiede di investire e trasformare tutto l’uomo in tutte le sue dimensioni: non solo personali e familiari, ma anche sociali.
Nei duemila anni della nostra storia, molti contributi decisivi dati all’elevazione dell’uomo e molti tra i frutti più nobili e preziosi dello spirito in tutti i campi (filosofia, letteratura, arti figurative, musica, diritto, eccetera) portano evidenti in sé i segni della visione cristiana.
Tra i compiti del cattolico politicamente impegnato c’è anche quello di tutelare, far conoscere, far apprezzare – anche al servizio di un vero umanesimo – questo nostro impareggiabile “tesoro di famiglia”. (fonte)
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