L’attesa riforma della Curia romana – che dovrebbe esser imponente e il cui provvedimento istitutivo, la Costituzione apostolica, pare si chiamerà Praedicate Evangelium – è ancora in fase di sistemazione. In compenso, ieri dai sacri palazzi è arrivata una novità di peso, attraverso la pubblicazione del Motu proprio Fidem servare con cui papa Francesco, in sintesi, ha deciso di modificare l’organigramma della Congregazione per la Dottrina della Fede.
L’ex Sant’Uffizio non sarà insomma soggetto a un semplice restyling; sarà sottoposto a un vero e proprio progetto di riforma strutturale interna. Prima di passare a vedere di che si tratta, urge però qui ricordare rapidamente di che realtà stiamo parlando e cioè di un organismo che, dalla sua fondazione fino al 1908, fu conosciuto col nome di Santa Inquisizione e, solo successivamente, come Sant’Uffizio.
Il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede lo dobbiamo alla riforma voluta da papa Paolo VI, il quale attualizzò, per così dire, metodi impiegati per l’esame delle dottrine, dando maggiore spazio al carattere positivo di correzione degli errori rispetto a quello punitivo della condanna; ciò a sua volta a riflettere il principio che «la fede si difende meglio promuovendo la dottrina».
Ciò detto, per quanto si stia parlando dell’ex Sant’Uffizio, e per quanto molto sia cambiato, la Congregazione per la Dottrina della Fede resta dunque un organismo di primaria importanza, tanto è vero che, nel passato, esso era presieduto direttamente dal pontefice. Ma ora, come si diceva, con il Motu proprio Fidem servare – datato 11 febbraio 2022 e in vigore da ieri – le cose cambiano in modo profondo. La novità consiste nella divisione del dicastero in due Sezioni, una dottrinale l’altra disciplinare.
A rimarcare siffatta suddivisione, c’è la scelta di assegnare a ciascuna un proprio segretario, il quale avrà, per quanto di sua competenza, il compito di coadiuvare il prefetto. La prima Sezione, quella dottrinale, si occuperà delle materie aventi diretta attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale.
Inoltre, recita il Motu proprio, «a questa Sezione è affidato il compito di studiare le questioni relative agli Ordinariati personali istituiti mediante la Costituzione Apostolica Anglicanorum Coetibus», e ad essa «afferisce l’Ufficio Matrimoniale, che è stato istituito per esaminare, sia in linea di diritto che di fatto, quanto concerne il “privilegium fidei”».
Invece la seconda Sezione, quella disciplinare, si occuperà dei delitti riservati alla Congregazione, tra i quali l’abuso di minori compiuto da chierici – e da questa trattati mediante la giurisdizione del Supremo Tribunale Apostolico ivi istituito. Questa seconda Sezione, afferma sempre il Motu proprio, promuoverà «opportune iniziative di formazione che la Congregazione offre agli Ordinari e agli operatori del diritto, per favorire una retta comprensione e applicazione delle norme canoniche relative al proprio ambito di competenza».
Questi i fatti o, meglio, la novità introdotta alla luce, precisa ancora il Santo padre in Fidem servare, dell’«esperienza maturata in questo tempo dalla Congregazione in diversi ambiti di lavoro» e dell’«esigenza di darle un’impostazione più adatta all’adempimento delle funzioni che le sono proprie». Detto questo, più di un osservatore ha notato che questa riforma non arriva in tempi casuali. Infatti il cardinale Ladaria, nominato prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede nel 2017, è prossimo al pensionamento, per così dire, dato che ha già 77 anni.
Al suo posto, la candidatura maggiormente quotata, per una successione che dovrebbe avvenire entro l’estate, è quella del maltese monsignor Charles Scicluna, dal 2015 presidente del Collegio per l’esame dei ricorsi alla Sessione Ordinaria della Congregazione per la dottrina della fede. La riforma dell’organismo cade insomma in coincidenza con un cambio del suo vertice; il che rafforza l’impressione che si tratti di un passaggio per nulla marginale, ma molto profondo.
A questo punto, l’auspicio è che, assegnato solo ad una sezione dell’ex Sant’Uffizio il tema dottrinale, esso non finisca in secondo piano. Sempre attuale, in proposito, suona il monito del compianto cardinale Carlo Caffarra: «Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è più pastorale, è solo più ignorante».
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