L’ultimo libro pubblicato dal Timone raccoglie le le catechesi del “Quarto Capitolo del Monastero Wi-Fi” che si è svolto a Roma nel settembre del 2022. Il viaggio inizia con l’oratoriano padre Maurizio Botta, prosegue con padre Serafino Tognetti della Comunità dei Figli di Dio, poi ancora don Alessio Geretti, della Diocesi di Udine, don Giulio Maspero, dell’Opus Dei. Il libro contiene l’omelia della Messa presieduta dal cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, poi ci sono gli interventi di don Vincent Nagle, missionario della Fraternità San Carlo, don Luigi Maria Epicoco, della Diocesi dell’Aquila, don Massimo Vacchetti, vicario per la Pastorale dello sport, turismo e tempo libero della Diocesi di Bologna e infine don Francesco Buono della Diocesi di Perugia.
Pubblichiamo un estratto della prefazione
di Costanza Miriano
«La confessione è la bomba atomica, e noi la usiamo come fosse una miccetta. Una scocciatura anche piuttosto imbarazzante, da toglierci di torno quando proprio non se ne può fare a meno. E parlo dei più volenterosi (la maggior parte neanche la usa più tanto).
E invece.
La prima cosa che fa Gesù da risorto, ma proprio la prima, è andare da quei pescatori ignoranti e impauriti, quelli che non avevano capito molto di Lui, si erano addormentati nel mezzo della passione e lo avevano tradito, per dare loro lo Spirito. Questo li trasformerà in uomini capaci di cambiare per sempre la storia dell’umanità, fondando la Chiesa. E che cosa dice soffiando lo Spirito? Non: «andate e spaccate tutto, vincete, trionfate». Dice: «a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». La prima cosa che fa Gesù dopo avere vinto la morte.
Ho l’impressione che noi, almeno di certo io, la portata di questa cosa mica l’abbiamo capita tanto bene. Dio può cambiare il passato. Può cancellare i peccati. Può strappare l’uomo dalla morte e dargli la vita eterna. È una cosa che ti si incrocia il cervello a pensarci, è una cosa da non crederci, infattiquando nel Vangelo Gesù dice che può farlo, tutti si scandalizzano. «Il passato è passato, nessuno ci può fare niente, neanche uno che dice di essere figlio di Dio». Allora Gesù per convincerli fa alzare in un attimo un paralitico dal suo lettuccio.
La confessione è un miracolo più grande di un paralizzato che cammina per la prima volta, ci guarisce dalle paralisi interiori, salva la vita. La passione e la morte di Gesù curano il nostro lato oscuro, la nostra natura arcaica, animale, e ci trasformano gradualmente, inserendoci nella vita di Dio. Ma non come una psicoterapia (no, non stiamo andando dallo psicologo, benché a volte siamo tentati di “usare” così il malcapitato sacerdote): stiamo andando a consegnare il nostro male a Dio, e quando glielo consegniamo diventa affar suo. Lui ci difende, perché noi lo chiamiamo in causa nel nostro combattimento. Quando Dio si schiera al nostro fianco – e lo fa solo se siamo noi a chiederlo, perché considera sacra la nostra libertà – allora possiamo andare a testa alta, da figli del Re, certi del suo perdono, che è costato il sangue di Cristo: non ascoltiamo la voce del nemico che continua ad accusarci, quel peccato non c’è più! Cerchiamo allora di consegnarli tutti, i peccati, di essere più precisi possibile, perché la diagnosi del male sia accurata e il chirurgo, Gesù, possa intervenire fino negli angoli più nascosti. […]
Quando si fa un’opera buona, Dio ci regala lo Spirito Santo, allora comincia ad andarci bene tutto, non desideriamo niente e siamo felici. Dopo una confessione seria, è così. Ma poi lo cacciamo, lo Spirito, con le maldicenze e i giudizi, con il farci gli affari nostri.
La vita è un tempo per lavorare sul nostro Mister Hyde, sulla parte animale, finché ne abbiamo le forze, prima di diventare vecchi e morire: ci si può convertire anche all’ultimo, ma quanto è più bello avere vissuto secondo lo Spirito! Noi, seguendo la carne, pensiamo di essere più felici, e invece il mondo permette tutto ma non perdona nulla, e i conti si pagano. Al contrario Dio non vorrebbe permetterci di andare a sbattere con il male, nella vita, ma poi perdona tutto.
[…] Non aggiungo altro perché quelle che seguono sono catechesi preziose e molto più importanti delle mie parole. Voglio solo dire che abbiamo chiamato a parlare a san Pietro, sulla tomba del primo di quegli apostoli chiamati da Gesù a rimettere i peccati, sacerdoti appartenenti a tante spiritualità della nostra ricchissima Chiesa, che è un coro di voci molto diverse e una più bella dell’altra: preti diocesani, religiosi, di curia, monaci, preti del Cammino Neocatecumenale, di CL, dell’Opus Dei, e il penitenziere maggiore di tutta la Chiesa mondiale, cioè cattolica. Credo che abbiamo tra le mani un vero gioiello prezioso, e sono grata al direttore del Timone per averlo voluto mettere su carta, a tutti i sacerdoti che hanno acconsentito alla pubblicazione, a tutti voi che lo leggerete, e magari lo farete leggere a una persona cara, certi che gli state regalando qualcosa che può cambiargli seriamente la vita».
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