«La cleptocrazia sta conquistando il mondo», con la corruzione che è oramai «il sistema».
Non gira tanto intorno al concetto il giornalista investigativo del Financial Times Tom Burgis (nella foto in evidenza), intervistato dal Tagespost in merito ai contenuti del suo libro, che gli è costato cinque anni di approfondimenti, Kleptopia: How Dirty Money Is Conquering the World (recentemente tradotto anche in italiano dalla Brioschi Editore, Cleptopia: come il denaro sporco sta conquistando il mondo).
Un libro tanto rigoroso nel suo portare alla luce storie dalle fonti sicure, utili a fugare qualsiavoglia accusa di “complottismo”, quanto avvincente nel suo descrivere una realtà apparentemente così improbabile, ma che si rivela essere sempre più concreta e influente: una dimensione parallela in cui il denaro sporco gioca un ruolo di padrone e dove a farne le spese sono le risorse che vengono saccheggiate e la stessa democrazia, minata alla base da un ramificato sistema di corruzione. Qualche esempio? Burgis di storie ne riporta diverse, accumunate dal medesimo fil rouge, e che vanno dalle «elezioni truccate in Zimbabwe, a uno sciopero represso nel sangue in Kazakistan, fino alla morte sospetta di alcuni manager negli Stati Uniti».
Esempi dai quali, denuncia ancora il giornalista, emerge chiaramente come la cleptocrazia (dall’unione della parola greca “kleptō”, ossia rubare, con “kratos”, ossia potere) non sia “solamente” una questione locale, bensì oramai una «struttura di potere internazionale», che sta vedendo i vertici di questo progetto oscuro unirsi per portare avanti i propri scopi. Qual che emerge è infatti «una rete globale di corruzione da Pechino ad Harare a Riyadh e da Parigi alla Casa Bianca», con anche il coinvolgimento di «governi occidentali apparentemente incorruttibili».
Indagando il fenomeno, dice infatti il giornalista, si nota che oramai da circa 30 anni, «le cleptocrazie hanno iniziato ad espandersi in tutto il mondo – e non solo: cleptocrazie come Russia, Cina e Africa occidentale hanno anche creato alleanze globali. Questi a loro volta si sono infiltrati nelle strutture democratiche». A salvarsi, in questo sistema di corruzione criminale, sono in pochi, dal momento che i tentacoli della cleptocrazia si sono ormai diramati fino a coinvolgere anche «banche occidentali, potenti politici occidentali e grandi studi legali».
Gli esiti di questa realtà parallela corrotta? Se agli occhi dei più, rimangono celati, Burgis non ha paura di esporsi nell’affermare che essa «ha già un impatto sulla nostra vita quotidiana maggiore di quanto possiamo immaginare», con la violenza importata che diventa cifra di governo anche nei Paesi occidentali.
Ma, concretamente, come avviene tutto questo? Per l’autore, ogni cleptocrazia mette in essere una precisa strategia di influenza, calibrata in base al soggetto che intende “colpire”. Per esempio, un sistema è quello di dare vita a legami politici tra personalità politiche di spicco di Paesi differenti: «Il capo di stato del Kazakistan Nursultan Nazarbayev aveva praticato questo con Tony Blair, e Gerhard Schröder stava facendo pressioni per Vladimir Putin».
La denuncia avanzata da Burgis è quindi è chiara: occorre scardinare questo sistema prima che sia troppo tardi, ma per farlo occorrono da un lato una cooperazione internazionale super partes in grado di colpire con trasparenza tutta questa criminalità sommersa, senza tenere troppo conto dei “nomi” – di persone, di enti, o altro – che si vanno a colpire; e dall’altra è necessaria una magistratura che sappia essere realmente indipendente, in quanto questa, chiosa il giornalista, «è il miglior muro di protezione contro la corruzione».
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