Non è un mistero che questi siano, per la Chiesa, tempi difficili. Basti pensare a cosa affermò nel 2017 Benedetto XVI, in occasione dei funerali del cardinale Meisner: «La cosa che più mi ha commosso è che ha vissuto in questo ultimo periodo della sua vita […] sempre di più la certezza profonda che il Signore non abbandona la sua Chiesa, anche se a volte la barca si è riempita fino quasi a capovolgersi…». Parole che fecero a suo tempo polemica, ma che non si può dire che abbiano perso attualità. Ciò nonostante, non è oggi scontato che un pastore abbia il coraggio – nonostante l’evidenza delle cose – di parlare apertamente della situazione quanto meno complessa che vive oggi la Chiesa. Un coraggio che tuttavia non manca sicuramente all’arcivescovo Nikola Eterović, classe 1961, che domenica scorsa a Berlino ha tenuto una omelia notevole per spessore e per capacità di fotografare la situazione generale, che inevitabilmente investe ogni fedele.
In questa omelia, pubblicata integralmente da Kath.net, mons. Eterović – a partire da noto episodio evangelico della tempesta sul Lago di Tiberiade, con Gesù che prima calma il vento e poi quasi rimprovera i discepoli per la paura provata (Marco 4, 39-41) – sottolinea come le parole del Signore («Perché eravate così spaventati? Non avete ancora fiducia in me?») tutto siano fuorché sorpassate, anzi. Il nunzio apostolico evidenzia come quelle parole parlino anche oggi a ciascuno di noi. «Il Signore», ha osservato, «formula queste domande anche pensando a noi. Di fronte alle tempeste della vita, alle tante difficoltà che noi cristiani affrontiamo personalmente e come membri della Chiesa nel mondo. che spesso è indifferente o addirittura ostile – siamo pieni di paura. Le forze nemiche sembrano essere molto più forti […] Ma il Vangelo ci assicura che non siamo soli nemmeno in questi tempi di tentazione». Davanti a queste considerazioni, si può sempre ipotizzare che esse abbiano una valenza generale, relativa alla vita individuale più che alla Chiesa.
Per questo, mons. Eterović ha voluto esser ancora più esplicito rimarcando come la sua omelia verta proprio sulla tempesta che attraversa oggi la Chiesa, una Chiesa che spesso gli stessi credenti sono tentati di pensare abbandonata – anche se così non è. Ma sentiamo ancora l’arcivescovo: «Anche se sappiamo che Gesù è con noi sulla nave che è la Chiesa, spesso abbiamo l’impressione che si sia addormentato e stia dormendo, mentre la barca fa sempre più fatica a resistere al vento e alle onde che arrivano […] riempiendola d’acqua». Inevitabile, qui, ripensare alla «barca si è riempita fino quasi a capovolgersi», di cui parlava Ratzinger…Dunque viene apertamente riconosciuto che la Chiesa è in tempesta e che la tentazione è quella di crederla dimenticata pure da Gesù, che pure è presente sulla barca. Una tentazione, ammonisce Eterović, dalla quale stare lontani: «Purtroppo dobbiamo ammettere che siamo sopraffatti da questi sentimenti che indicano una mancanza di fede in Gesù, che ci è vicino con amicizia ed è sempre pronto ad aiutarci. Ha dunque ragione il Signore Gesù quando rimprovera anche noi: “Non avete ancora fede?”».
In effetti, anche questo rimprovero pare ahinoi essere più attuale che mai e il solo modo che abbiamo per sollevarci da questa situazione, conclude l’arcivescovo, è affidarci. Affidarci a chi? «All’intercessione della Beata Vergine Maria, la Donna della fede […]» affinché ci aiuti a ritrovare «una fede salda, perché possiamo riporre continuamente la nostra fiducia nel Signore Gesù, uomo e Dio, soprattutto nelle tempeste interne ed esterne che i cristiani e l’intera Chiesa affrontano anche in questo momento». Considerando che anche sulle pagine del Timone, recentemente, abbiamo pubblicato una approfondita analisi proprio sul fatto che l’antidoto alla crisi ecclesiale non possa che essere la devozione a Maria, non possiamo che sottoscrivere anche questo passaggio conclusivo della intensa omelia di mons. Eterović. (Foto: Screenshot, Film Razgovor – The Conversation, YouTube)
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