A sentire parlare il cardinale e vescovo di Hong Kong, John Tong, il Natale in Cina è del tutto normale: «I cattolici vivono l’Avvento partecipando ai sacramenti, facendo opere di misericordia e di carità stando con i poveri e i bisognosi. Leggono la Bibbia, meditano sul Vangelo dell’Avvento e come tutti si scambiano regali e biglietti di ringraziamento e di auguri».
LA GIOIA E LA CROCE
C’è però una chiesa, quella clandestina riconosciuta da Roma ma non dal governo, per cui vivere la fede non è così semplice: «Quando i cattolici si riuniscono per celebrare la Messa, può accadere che il governo, spaventato per il fatto di perdere il controllo sulle persone, mandi agenti di polizia». Recentemente anche la comunità cristiana protestante ha subìto attacchi da parte delle autorità che in diversi villaggi hanno distrutto le croci delle chiese. In quell’occasione Tong aveva diffuso un «urgente appello» dal titolo «Le sofferenze della Croce», chiedendo al governo cinese di bloccare la distruzione illegale delle croci ed esortando i fedeli di Hong Kong a digiunare per partecipare alla sofferenza di Cristo e dei fratelli perseguitati.
«SANNO COME MUOVERSI»
«Sì, accadono queste cose – ammette il cardinale Tong – ma non impediscono ai cristiani di credere e di celebrare la venuta del Salvatore, primo perché la gioia della fede è unita alla Croce e poi perché, dopo anni di persecuzione, sanno come muoversi, sono diventati intelligenti e sono comunque molto coraggiosi. Si raggruppano in pochi per non dare nell’occhio e trovano il modo di celebrare i sacramenti».
«CRISTIANI DI FATTO, NON DI NOME»
Recentemente, però, è avvenuto un altro fatto che secondo i fedeli della Chiesa clandestina ha del miracoloso: nonostante la Messa per l’apertura dell’Anno della misericordia sia stata celebrata da un vescovo non riconosciuto dal governo e fosse piena di fedeli, le autorità non sono intervenute. «Anche altrove sono state celebrate funzioni per l’Anno della misericordia che non hanno visto l’intervento delle autorità e questo è un fatto positivo». Pensando ai tanti vescovi e religiosi perseguitati e incarcerati ci si chiede cosa spinga queste persone a rischiare per la fede. Perché è così importante il Natale? «Per lo stesso motivo per cui dovrebbe essere importante per tutti i cristiani: celebriamo il Salvatore che si incarna e ci salva per sempre dalla morte». Per molti cristiani il Natale si è ridotto a una festa di luci e buoni sentimenti, ma «noi non siamo cristiani solo di nome, davanti a tutto c’è Gesù, non i party e le luci, altrimenti che cosa ci andremmo a fare a Messa?».
L’OCCASIONE DEL NATALE
La fede della Chiesa cinese è messa alla prova dalla persecuzione, ma anche dalla secolarizzazione e dai rischi che hanno portato nei giorni scorsi il cardinale Tong a difendere la famiglia fra uomo e donna, subendo diversi attacchi: «Chi si sposta in città in cerca di ricchezza viene facilmente influenzato dalla mentalità materialista, contraria ai valori della persona difesi dal cristianesimo. Il Natale è quindi un’occasione per riscoprire cos’è la vita cristiana guardando alla Santa famiglia di Nazareth. E anche di evangelizzare, mostrando la speranza derivante dalla nostra fede in Dio fatto carne».