di Lorenzo Bertocchi
La posizione oltranzista espressa dal vescovo di Anversa monsignor Johan Bonny in fatto di unioni gay e più in generale di morale sessuale – di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi – non è certo un episodio isolato. È certo frutto di un già lungo impegno personale in materia, ma anche la punta dell'iceberg nella crisi del cattolicesimo belga e non solo. Bonny, ex collaboratore del cardinale Walter Kasper al Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, aveva articolato il suo pensiero anche in settembre, in un lungo scritto fatto pervenire in Vaticano.
In quella lettera aperta il vescovo belga faceva notare alcune cose: il tradimento inferto alla collegialità da parte di Paolo VI con l'enciclica Humanae Vitae; l’elogio per il comportamento dei vescovi belgi che emisero un comunicato che negava la dottrina papale sulla contraccezione; la critica alla Familiaris Consortio di S. Giovanni Paolo II per aver reiterato l'insegnamento sull'intrinseca immoralità della contraccezione. Per tutto questo, e non solo, chiedeva al Sinodo di invertire l'insegnamento di queste due encicliche papali.
Bisogna dare atto a monsignor Bonny di portare fino in fondo il suo argomentare e, in un certo senso, di essere d'accordo con il cardinale Mueller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Infatti, nella lettera di settembre rilevava che non si può modificare la pastorale senza influire sulla dottrina. Peccato che dal suo punto di vista, molto diverso da quello di Mueller, occorra procedere ad un cambio di dottrina perchè «l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia deve incontrarsi in una lunga tradizione che ha assunto nuove forme e contenuti nel corso dei secoli». Questo cambiamento, a suo giudizio, sarebbe giustificato dalla «complessità del contesto in evoluzione in cui i rapporti, il matrimonio e la famiglia, si svolgono oggi».
Fedele alla linea, il vescovo Bonny difende Fuchs, Häring e Janssens, tre professori di teologia morale che furono contrari alla dottrina di Humanae Vitae e che possono essere arruolati alla corrente del “proporzionalismo”, già condannata dall'enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II.
Difendendo la complementarietà dei diversi metodi teologico-morali, monsignor Bonny ha scritto che «la realtà è spesso molto più complessa di quanto può includere una coppia di opposti: buono o cattivo, vero o falso, giusto o sbagliato». Così arriva a promuovere, in nome della compassione verso situazioni peccaminose, la comunione ai divorziati risposati, e dice di voler applicare lo stesso principio al sesso prematrimoniale, ai contraccettivi e alle coppie omosessuali. C’è materia per riscrivere il Catechismo.
Ma queste posizioni vengono da lontano. Nell'articolo già pubblicato già facevamo riferimento al caso della Chiesa dei Paesi Bassi come avanguardia di un certo mondo ecclesiale coagulatosi proprio intorno al “Nuovo Catechismo Olandese” del 1966. Il principale ispiratore di quel catechismo lavorava in Belgio, nella Università cattolica di Lovanio: il padre domenicano Schillebeeckx (1914 – 2009), nato, guarda caso, ad Anversa. Le conferenze episcopali di Belgio e Olanda hanno gareggiato (e si sono influenzate) tra loro nell'immediato post-concilio per andare oltre il Concilio, sulle ali di un certo “spirito” che poco assomigliava a quello Santo.
A proposito di collegialità e dell'enciclica Humanae Vitae, il vescovo Bonny trova un valido predecessore proprio nell'ex primate del Belgio, il cardinale Suenens (1904 – 1996), uno dei quattro “moderatori” del Vaticano II, che nel 1969 arrivò a criticare la decisione del Papa come anti-collegiale, ricevendo immediato sostegno dai teologi Karl Rahner e Hans Küng, e da diversi vescovi.
Per non andare troppo indietro nel tempo si può ricordare lo scandalo sollevato da “Roeach”, il cosiddetto “catechismo belga” degli anni '90, scritto dal prof. Bulkens (Università di Lovanio) e dal rettore del seminario di Bruges. Lo scandalo si sollevò in quanto questo catechismo, spiegando in modo esplicito la sessualità ai bambini, rischiava fortemente di avventurarsi verso un’apologia della pedofilia. Nonostante le numerose proteste questo sussidio rimase in utilizzo per ben sei anni con l’approvazione del segretariato dell’insegnamento cattolico fiammingo. Il card. Danneels, allora primate del Belgio e oggi tra i padri del recente sinodo straordinario sulla famiglia, si rifiutò in più occasioni di rispondere alle proteste dei genitori.
Lo stesso Danneels, a proposito delle unioni omosessuali, nel giugno 2013, ha dichiarato al quotidiano in lingua olandese De Tijd che «un uomo come fa a non identificarsi con il suo orientamento? Credo che ci sia una chiara evoluzione nel pensiero della Chiesa». E, nella stessa intervista, si dimostrò aperto alle unioni civili. «Credo – disse – che sia uno sviluppo positivo che gli stati siano liberi di aprire al matrimonio civile per gli omosessuali, se lo vogliono». Rispetto alle unioni fra persone dello stesso sesso l’atteggiamento della Chiesa del Belgio è noto. Nel 2005 il Gay Pride svoltosi a Bruxelles è stato preceduto da una Santa Messa con la partecipazione di diverse parrocchie della capitale e nel 2006 l’esperienza fu ripetuta drappeggiando l’altare con la bandiera arcobaleno.
Nonostante questo reiterato tentativo di andare incontro al mondo il cattolicesimo in Belgio, così come in Olanda, sta letteralmente morendo. Nell'anno scolastico 2014-2015 si contano in tutto il Belgio circa 100 seminaristi, di cui solo 20 al primo anno di cammino (ad Anversa, diocesi di mons. Bonny, con oltre 1 milione di abitanti, in tutto vi sono 4 seminaristi di cui 1 al primo anno), la partecipazione alla Messa domenicale è ai minimi termini (sotto al 5%), il numero dei battesimi è intorno al 50% dei nati vivi registrati (era oltre il 90% nel 1967), quello dei matrimoni religiosi sotto il 25% (era intorno all’85% nel 1967).