Tra le abitudini che anche negli Stati Uniti sono andate declinando, a seguito della pandemia, c’è quella della frequenza a messa. I dati sono preoccupanti e parlando, a seconda che si considerino aree rurali o metropolitane, di cali di presenza che vanno dal 18 fino al 30%. Come prevedibile, nelle zone decentrate e di provincia – si direbbe se stessimo parlando dell’Italia – contenere i danni risulta più semplice. In generare però la situazione appare molto grave, per un Paese che fino a pochi decenni or sono sembrava risparmiato dall’onda del secolarismo.
Ora però rischia di non essere più così, secondo quanto riporta un lungo servizio a tal riguardo del National Catholic Register a firma di Joan Frawley Desmond. Nell’articolo, si segnala da un lato come questo abbandono della pratica religiosa sia visto con preoccupazione in casa cattolica e, dall’altro, come si stia cercando di correre ai ripari. In che modo? Con iniziative su più livelli: corsi per fidanzati e per famiglie, feste in parrocchia, promemoria su Facebook degli eventi che si tengono.
«Molte diocesi hanno lanciato una serie di iniziative volte a riportare i cattolici alla messa», scrive Desmond, «mentre alcune affrontano problemi più radicati, come una formazione debole e una cattiva predicazione […] Tuttavia, mentre specifiche comunità parrocchiali hanno dovuto affrontare sfide particolarmente scoraggianti durante questo periodo senza precedenti, coloro che hanno studiato il calo della partecipazione alla messa affermano che i problemi di fondo risalgono a mezzo secolo fa».
In effetti, sbaglierebbe chi – anche con riferimento all’Europa e alla stessa Italia – pensasse che i banchi vuoti delle chiese siano un problema recente. Tuttavia, ecco il punto, sono un problema che adesso ha assunto dimensioni emergenziali. E che quindi deve essere affrontato; anche perché – come ha già ricordato il Timone, citando Tyler J. VanderWeele e Brendan Case, due studiosi di Harvard – le chiese vuote rischiano nel medio e lungo periodo di essere un problema, attenzione, anche di salute pubblica.
«Al calo della frequenza al servizio religioso è riconducibile circa il 40% dell’aumento dei tassi di suicidio negli ultimi 15 anni. Se si fosse potuto prevenire il calo delle presenze, quante vite si sarebbero potute salvare?», hanno scritto al tal riguardo VanderWeele e Case sollevando, come si dice, una bella domanda. Chiaro, l’impegno di diocesi e parrocchie di cui scrive Desmond mira a far tornare le persone a Messa anzitutto per il loro bene spirituale, che è senza dubbio la cosa più importante. Ma non sarebbe male, ogni tanto, ricordarsi come i banchi pieni siano in fondo un bene anche per la collettività (Fonte foto: Pexels.com).
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