La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) è tornata a pronunciarsi sul riconoscimento dello status all’estero dei bambini nati a seguito di maternità surrogata. Due recenti casi giudiziari hanno visto la Corte stabilire la violazione dei diritti dei bambini da parte di Danimarca e Svizzera. Il primo caso è quello di una “madre” di due gemelli nati in Ucraina nel dicembre 2013 a seguito di maternità surrogata commerciale; il marito è il padre biologico dei minori, ma i certificati di nascita rilasciati in Ucraina indicavano la madre “intenzionale” e il marito come genitori dei minori. Tuttavia, tornati in Danimarca, la donna non è stata riconosciuta come madre dei gemelli. Infatti, stando al diritto danese – precisamente il Children Act -, solo la donna che ha partorito può essere considerata madre dei minori. Nonostante ciò, alla donna era stato comunque garantito l’affidamento congiunto dei figli e a questi ultimi era stata conferita la cittadinanza danese in virtù del legame biologico con il padre.
Come se non bastasse i genitori hanno presentato la domanda di adozione dei minori, ma se la sono vista rigettare dalle autorità amministrative danesi. Secondo queste ultime, l’adozione dei minori sarebbe stata in contrasto con il diritto danese, al fronte del corrispettivo che la madre surrogata aveva ricevuto per il consenso all’adozione dei minori. La legge danese infatti dispone un divieto assoluto di adozione se l’individuo che deve concedere il consenso abbia ricevuto una remunerazione. La Corte suprema danese, nel confermare il divieto, ha considerato che l’eventuale violazione del diritto dei ricorrenti al rispetto della vita familiare fosse stata bilanciata dalla tutela degli interessi in gioco.
Nel dettaglio, la Corte, richiamando i principi generali enunciati in Mennesson c. Francia; Paradiso e Campanelli c. Italia; C.E. e altri c. Francia; nonché nell’Advisory Opinion concerning the Recognition in Domestic Law of a Legal Parent-Child Relationship between a Child Born through a Gestational Surrogacy Arrangement Abroad and the Intended Mother (Grande Camera, P16-2018-001), ha ribadito la tutela del superiore interesse del minore. Sebbene la Corte europea non abbia riscontrato alcuna violazione effettiva del rispetto della vita familiare e della vita privata di nessuno dei soggetti, ha individuato nel rifiuto al consenso dell’adozione alla moglie del padre biologico di minori nati all’estero tramite maternità surrogata la violazione del diritto al rispetto della vita privata secondo l’articolo 8 Cedu. La Corte europea non è dunque convinta che le autorità dello Stato danese abbiano raggiunto un giusto equilibrio tra l’interesse specifico dei minori ad ottenere il riconoscimento del rapporto e i diritti sottesi alla maternità surrogata.
In maniera simile, nel secondo caso, i giudici europei hanno condannato le autorità svizzere perché una coppia dello stesso sesso aveva stipulato un contratto di maternità surrogata gestazionale negli Stati Uniti. Le autorità svizzere si sono rifiutate di riconoscere lo status di genitore stabilito da un tribunale statunitense riconoscendo solo il padre biologico come padre del bambino. Anche qui, la Cedu ha stabilito una violazione dei diritti del bambino.
Non è la prima volta che la Corte europea sorpassa il diritto nazionale. Secondo Juristes pour l’enfance, un’organizzazione francese per i diritti dell’infanzia, le sentenze della Corte pongono inoltre un problema di legittimità democratica, poiché i suoi giudici non sono eletti e non hanno ricevuto alcun mandato per emanare norme vincolanti per tutti gli Stati del Consiglio d’Europa: «La Corte europea obbliga gli Stati a ratificare il traffico di minori con il pretesto che è stato convalidato all’estero». Al di là delle considerazioni legali, una è la domanda che rimane: a chi interessa veramente l’interesse superiore del minore? (Fonte)
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