Proprio non va giù all’intellighenzia pro aborto del nostro Paese la mozione pro vita approvata lo scorso 4 ottobre dal consiglio comunale di Verona (21 voti favorevoli, 6 contrari), che impegna il sindaco e la giunta a sostenere il progetto «Culla segreta» per il parto in anonimato (possibilità, poco conosciuta, prevista dalla normativa italiana quando non si vuole tenere il bambino) e stanziare dei fondi per quelle associazioni che aiutano concretamente le donne incinte e in difficoltà economiche. La stampa e la politica laicista si stracciano da giorni le vesti parlando falsamente di una minaccia ai diritti e bersagliando in particolare la capogruppo comunale del Pd, Carla Padovani, «colpevole» di aver votato secondo coscienza e in senso contrario alla linea del suo partito: un saggio di questo comportamento lo si è avuto sabato sera su Rai 3 durante il programma Le parole della settimana, condotto da Massimo Gramellini.
Ospite di spicco Emma Bonino, una che oltre agli aborti clandestini di cui si è resa direttamente responsabile ha sulla coscienza i circa sei milioni di bambini che sono stati uccisi, con il favore della legge, dalla promulgazione della 194 (22 maggio 1978) a oggi. Presente in studio anche Ferruccio de Bortoli, che con Gramellini, vicedirettore del Corriere della Sera, è rimasto silente mentre la Bonino rievocava su una rete del servizio pubblico la bufala dei milioni di aborti clandestini che viene ripetuta da 40-50 anni, il grimaldello principale della propaganda per influenzare le masse con la collegata gonfiatura del numero delle donne vittime di complicazioni post aborto.
Per dare un’idea della storia che si ripete, con il gioco di sponda tra politica e stampa ‘liberal’, nel 1971 i politici pro aborto arrivarono a parlare di 25 mila donne morte all’anno e, limitandoci al più importante quotidiano italiano, il Corriere del 10 settembre 1976 parlava di 1,5-3 milioni di aborti clandestini. Cifre fuori dalla realtà se si tiene conto per esempio che l’Annuario di Statistica, per il 1972, registrava complessivamente 15.116 donne morte in età feconda, di cui quelle decedute per complicanze legate al parto o alla gravidanza erano in tutto 409. Riguardo all’altro dato gonfiato a dismisura, nel 1979 – il primo anno intero per l’Italia in regime di aborto legale – il ministero della Sanità registrò 187.752 aborti, una cifra molto lontana da quelle diffuse dagli abortisti e che per di più si concretizzava ormai in assenza del deterrente delle sanzioni penali e potendo avvalersi del «servizio» garantito negli ospedali.
Con quale faccia tosta si può quindi continuare, proponendo la Bonino in prima serata e senza nemmeno un contraddittorio, a raccontare menzogne simili a quelle degli anni Settanta? La trasmissione condotta da Gramellini ha poi fatto passare l’idea che la mozione approvata a Verona consenta di finanziare associazioni che agirebbero contro la legge. Anche questa è un’enorme falsità. Infatti, inteso che la 194 è una legge profondamente ingiusta perché quando si parla di vita umana non c’è «paletto» o compromesso che tenga, la mozione veronese non chiede mai di violarla e si rifà espressamente agli articoli 1, 2 e 5 della stessa 194 (che porta il titolo di Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza), laddove si ricorda che l’aborto «non è mezzo per il controllo delle nascite», che i consultori possono avvalersi della collaborazione di associazioni di volontariato per assistere le donne in gravidanza e che insieme alle strutture socio-sanitarie «hanno il compito in ogni caso», e specialmente quando il ricorso all’aborto è influenzato «dall’incidenza delle condizioni economiche», di aiutare la donna «a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza».
Queste sono proprio le parti della 194 rimaste quasi del tutto inapplicate, spingendo i consiglieri comunali di Verona a votare a larga maggioranza proprio per garantirne l’applicazione e cercare così di salvare delle vite di bambini (nonché delle mamme, se pensiamo a tutto ciò che comporta un aborto e su cui non viene assicurata la dovuta informazione).
I progetti «Gemma» e «Chiara», citati nella mozione, sono pensati appunto per dare un aiuto economico alle donne bisognose che decidono di dare alla luce i bambini che portano in grembo. Il progetto «Culla segreta», come accennato sopra, è un altro modo per evitare l’aborto e aprire la strada all’adozione. Ma tutto questo alla cultura oggi egemone, che ha elevato l’aborto libero a «diritto» e nel suo rifiuto della legge morale naturale (eterna e valida per tutti) lo difende senza se e senza ma, non importa, come il cortocircuito generale degli abortisti sulla mozione di Verona mostra ampiamente. Parlano di «libertà», ma se si tratta di vera libertà – per aiutare a dire «sì» a un bambino che sta per nascere – vengono ottenebrati da una rabbia cieca. Qui si può leggere la mozione, con la verità che si cerca di offuscare.
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