Un minuto e mezzo che ha lasciato tutti senza parole, creando imbarazzo perfino all’interno del Movimento 5 Stelle. Stiamo naturalmente parlando dell’intervento video – urlato ed esasperato – con cui tre giorni fa Beppe Grillo ha inteso difendere il figlio da un’accusa di stupro che, a suo dire, sarebbe del tutto infondata in quanto vi sarebbe un video che dimostrerebbe la sua innocenza. In quel filmato, ha sottolineato il comico genovese, si capisce con chiarezza che si è trattato solo di una «ragazzata» e che la ragazza era «consenziente».
Ora, i rilievi che si possono muovere a questa uscita di Grillo sono evidentemente molteplici. Intanto, è curioso che solo ora chi ha celebrato per anni, e con disinvoltura, processi mediatici, si accorga quanto essi facciano male. Nessuno infatti ha mai negato che, in Italia, si sia innocenti fino al terzo grado di giudizio, ma che il capo carismatico del Movimento 5 Stelle – realtà che ha costruito la sua fortuna sui «vaffa», sulle «aule da aprire come scatolette di tonno», insomma su una visione rabbiosa e colpevolista di politica e giustizia – scopra ora, lamentandosene, un certo clima è quanto meno singolare.
In seconda battuta, va detto come il comico genovese – nella sua appassionata quanto disarticolata sfuriata a mezzo video – abbia pesantemente offeso la dignità della donna, per di più di una ragazza, che, lascia intendere Grillo, sarebbe stata al centro null’altro che, come si diceva poc’anzi, di una «ragazzata» o poco più. Peccato che una giovane circondata da soggetti seminudi, presa per i capelli e costretta a bere mezza bottiglia di vodka – questa è la tesi del pm – si possa considerare più vittima di una umiliazione che protagonista di una festa.
In terzo luogo, c’è un aspetto che merita di essere evidenziato anche perché da nessuno, finora, è stato messo in adeguato rilievo. Ci riferiamo al fatto secondo cui una festa a base di superalcolici e con giovani seminudi costituirebbe qualcosa di assolutamente normale. Ora, anche tralasciando l’aspetto della violenza sessuale – che dovrà essere la magistratura a chiarire in modo definitivo -, una simile visione del divertimento giovanile è del tutto inaccettabile. Intendiamoci: nessuno è nato ieri, tutti siamo stati giovani ed abbiamo ben presente la spontanea voglia di trasgressione che caratterizza in particolare certe età.
A tutto però – ecco il punto – c’è un limite. E derubricare a «ragazzata» certi festini, quand’anche non ci fosse alcun profilo penale, non è eticamente accettabile. E meraviglia che, pur nella foga di difendere suo figlio dalla pesante accusa di stupro, questo aspetto a Beppe Grillo sia sfuggito. Il fatto però più grave è che ciò non è sfuggito solo a lui, ma a quasi tutti i commentatori di questa vicenda. Il che testimonia più di ogni altra cosa come, ben prima di quella sanitaria ed economica, sia quella educativa la vera emergenza che più caratterizza la nostra tormentata epoca; con il rischio che la bizzarra e contraddittoria etica di Grillo sia, ormai, un po’ quella di tutti.
Di qui l’urgenza di un ripensamento collettivo e individuale del tema educativo. Perché al momento i processi e le accuse più infamanti sono solo alcune delle situazioni nelle quali bisogna difendere i più giovani; e non è affatto detto, in una prospettiva valoriale, che siano necessariamente le più insidiose.
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