sabato 7 settembre 2024
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Kamala Harris, l’abortista regina delle gaffe (osannata da Soros)
NEWS 22 Luglio 2024    di Paola Belletti

Kamala Harris, l’abortista regina delle gaffe (osannata da Soros)

Qualcuno ha ipotizzato che la scelta di Kamala Harris come vice presidente sia stata motivata soprattutto dalla sua inconsistenza, così commentava questa mattina la giornalista in studio nel tg di Sky. Tra le skill chiave, l’inettitudine. In questo modo non avrebbe oscurato Joe Biden, che, a quanto pare, si è arrangiato anche in quello. Ora che le condizioni generali del vecchio Joe sono diventate innegabili anche allo stesso presidente in traballante corsa per una ricandidatura, all’ufficializzazione del suo ritiro è seguito l’endorsement a favore della vice Kamala Harris. «Mi guadagnerò la nomination e batterò Trump», ha assicurato l’aspirante prima presidente donna, e di colore. Proprio sul dossier immigrazione, però, la Harris ha incassato un folgorante insuccesso. Di qua dall’Atlantico già nel febbraio del 2024 una voce autorevole e non sospetta, quella del giornalista progressista Federico Rampini, sul Corriere della Sera, ne faceva un ritratto poco incoraggiante per gli elettori democratici.

ALLA PROVA DEI FATTI

«Al primo impatto con la vicepresidenza, la Harris è implosa subito. All’inizio del 2021 Biden le ha affidato un dossier esplosivo, certo: l’immigrazione. Ma se vuoi dimostrare che in futuro potresti essere la prima donna presidente degli Stati Uniti, non puoi pretendere di occuparti solo di questioni facili. Sull’immigrazione la Harris ha dovuto subito gettare la maschera. Alle frontiera col Messico si stava ingrossando il flusso di clandestini, attirati dai messaggi lassisti dell’estrema sinistra (Alexandria Ocasio Cortez, per fare un nome) sulle frontiere spalancate.».E sul Corriere di oggi conferma l’analisi: «In questi quasi quattro anni, la sua immagine non è mai decollata. I sondaggi danno risposte ambigue, e tutt’altro che esaltanti, sulla capacità di Kamala di sconfiggere Trump […] Un tema di fondo è questo: al di là della vecchiaia Biden è impopolare perché il giudizio sulla sua presidenza è complessivamente negativo, una maggioranza di americani (compresi molti elettori democratici) pensano che la nazione sia «sulla cattiva strada». Kamala essendo stata la numero due nell’ultimo quadriennio non può fare campagna senza prendersi la responsabilità integrale delle politiche di Biden» .

L’argomento principe dei repubblicani a suo detrimento è proprio questo: «L’unico dossier che Biden le delegò, l’immigrazione, è stato un disastro». Per la sinistra radicale, capitanata dalla Ocasio Cortez – e non solo per lei, a giudicare dai sondaggi –, Kamala Harris è una traditrice: al suo primo viaggio da vice in Centroamerica alzò un muro piuttosto impenetrabile dichiarando: «Non vi vogliamo negli Stati Uniti. Restate dove siete. Vi aiuteremo a rimanere a casa vostra». Per la destra il giudizio è uguale e contrario: li ha traditi perché non ha dato seguito a quelle parole. E così la mancanza di controllo sui flussi alle frontiere è diventata insicurezza percepita anche dai ceti popolari di origine straniera, quelli che “ce l’hanno fatta” e non vogliono vedere slabbrarsi i confini del paese che, forse, può dare loro uno straccio di possibilità. Se troppi clandestini riescono ad entrare allora aumenta la concorrenza sleale nel mercato del lavoro a danno della manodopera regolare, composta principalmente da neri e latini. Conclude Rampini, a pagina 5 del Corriere: «La Harris qui è vulnerabile da tutti i lati. E come dice la propaganda repubblicana: “Se ha fallito miseramente sull’unico dossier a lei affidato, figurarsi se dovesse governare tutto il resto, dall’economia ai destini del mondo”». 

LA GAFFE È SERVITA

In qualcosa, le va riconosciuto, Kamala Harris tende ad eccellere e ad assomigliare pericolosamente al suo capo uscente: la prontezza nell’infilare gaffe e, specialità tutta personale, nel lasciarsi andare a crisi di riso incontrollabile e senza motivo in occasioni formali e delicate. Come quando all’aeroporto di Singapore, a una domanda sulla tragica repressione afghana interruppe la giornalista con un incredibile. «No, un momento, aspetta, rallenta», per poi scoppiare a ridere fragorosamente. O quando ha confuso la parola inquinamento –pollution– con popolazione – population, indicando nella riduzione di quest’ultima una tappa fondamentale per avere aria e acqua più pulite per i nostri bambini (gli scampati alla riduzione demografica?). Era stato un errore, un lapsus che più freudiano non si può, una semplice distrazione? Grave, per carità. Però si poteva chiedere scusa e spiegare; macché, da Kamala niente in tutto. Ci aveva dovuto pensare direttamente la Casa Bianca, come abbiamo riferito anche noi in questo articolo, diffondendo il testo che doveva essere letto e che recita un ben più sensato: «Quando investiamo in energia pulita e veicoli elettrici e riduciamo l’inquinamento, i nostri bambini…».

ABORTISTA ESTREMA

Che non nascano troppi bambini o che si possa il più liberamente possibile eliminarli prima che nascano, ahinoi, è una aspirazione che ha dimostrato di accompagnarla in tutta la sua carriera politica. In vista della imminente abrogazione della sentenza Roe vs. Wade, Kamala Harris si era data da fare per lanciare la controffensiva: l’aborto deve diventare accessibile e legale, sempre. Il suo sostengo a tutte le realtà abortiste e pro choice (perché la choice è sempre per l’interruzione della gravidanza, è risaputo) è una triste costante del suo operato, ne abbiamo parlato in tante occasioni e purtroppo da quel fronte nessuna ritirata.

I CALCOLI DEI FINANZIATORI SENZA ENTUSIASMO

Trump ha affermato che se la candidatura di Kamala Harris fosse accettata, sarebbe per lui ancora più facile vincere. Tra chi la sostiene, Alex Soros il figlio dell’investitore miliardario George, è il meglio a disposizione. Una sorta di “quel che passa il convento” nell’era dei tweet che poi sono post su X: «È tempo di unirsi attorno a Kamala Harris e battere Donald Trump: è la candidata più qualificata, e la migliore che abbiamo». I finanziatori dem sembrano di fatto costretti dagli eventi e dalle modalità del ritiro di Biden, che ha solo rinunciato alla ricandidatura e non alla presidenza, a sostenere la Harris.

Una situazione che rischia di confermare all’opinione pubblica mondiale, in un contesto tra i più complessi ed esplosivi degli ultimi decenni, un’immagine degli Usa in difficoltà proprio nella loro rappresentanza istituzionale. Biden è in carica per altri sei mesi ed è presumibile, come sottolinea Il Giornale, che il suo decadimento peggiorerà. Per la Harris, dunque, le occasioni di mostrarsi all’altezza o drammaticamente al di sotto del ruolo per il quale ha accettato di candidarsi, saranno tante. Per questo la scelta del suo vice potrebbe fare la differenza, anche se i precedenti in casa democratica non sono incoraggianti (Foto: Ansa)

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